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ACLI: OLIVERO, LE SFIDE FUTURE, IL LINGUAGGIO DEL FARE E IL PROTAGONISMO DELLE FAMIGLIE

Un nuovo radicamento sul territorio nel segno del “fare”. È questa “la sfida delle Acli del futuro”: a dirlo, ieri, a Roma, a conclusione del 23° Congresso nazionale delle Associazioni cristiane dei lavoratori italiani (Acli), il presidente Andrea Olivero, riconfermato il 3 maggio alla guida dell’associazione con il voto di 575 delegati. “La vera sfida per il futuro – ha sostenuto Olivero – è la presenza nei territori. Lo abbiamo visto anche con queste elezioni politiche. Il radicamento sul territorio è essenziale per le Acli del XXI secolo come per lo è stato per quelle del secolo scorso. Dobbiamo rinnovare la nostra presenza a partire dalla molteplicità degli interessi e dei bisogni dei nostri cittadini, mettendoli in rete e offrendo rappresentanza e coinvolgimento”. Compito delle Acli è “favorire l’aggregazione e il protagonismo delle persone nei luoghi in cui vivono e lavorano”. Di qui le due indicazioni di azione nei confronti delle famiglie, con la “cittadinanza familiare” come è alla base della soggettività politica della famiglia e i “Punti famiglia”, e dei lavoratori, con l’idea di “socializzare il lavoro”. Per Olivero occorre “tornare a scommettere sul lavoro come luogo di socializzazione”.

“Facciamo incontrare e aggregare – ha detto Olivero – i nuovi lavoratori, soprattutto i giovani, i lavoratori atipici, i lavoratori stranieri, gli immigrati. In Italia ma anche all’estero”. A tal proposito, Olivero ha ricordato le esperienze in Kenya, dove le Acli stanno creando percorsi di aggregazione tra i lavoratori africani, e in Mozambico, dove una scuola di formazione professionale delle Acli sta dando un futuro a centinaia di persone. Ma non solo: “Ci impegneremo – ha detto rivolgendosi a padre Ibrahim Faltas, parroco di Gerusalemme, presente ieri al Congresso – a trapiantare le Acli anche in Terra Santa. Faremo le Acli in Palestina”. Per le famiglie, Olivero ha precisato cosa sono i “Punti famiglia”: “Non semplici sportelli di servizio, ma luoghi dove le famiglie possano trovare non solo le risposte ai loro bisogni concreti ma anche calore e coinvolgimento”. “Il Paese – ha aggiunto Olivero -, non solo la nostra associazione, ha un gran bisogno del protagonismo delle famiglie”. L’altra grande sfida per le Acli, secondo Olivero, è “parlare sempre il linguaggio del fare”, che “non è l’attivismo senza testa e, alla fine, senza cuore – ha precisato – ma la consapevolezza che il fare ha un altissimo e intrinseco valore politico. Oggi c’è il rifiuto, lo vediamo in politica, di qualsiasi parola che non sia accompagnata immediatamente dall’azione”.

“Fare le Acli – ha proseguito il presidente Olivero – significa immaginare e realizzare, con impegno, fantasia e creatività, tante piccole e grandi iniziative che incidano nella vita delle persone e delle famiglie. ‘Scommessa Italia’, la campagna delle Acli che ha raccolto oltre 700 storie dell’Italia che fa bene, è il nostro modo per dire quale società e quale associazione vogliamo”. Nelle conclusioni del presidente, anche un riferimento alla situazione politica attuale. “La politica ha bisogno di recuperare una prospettiva di medio e lungo periodo. Non può farsi schiacciare dal presente. I progetti hanno bisogno di tempo per crescere”. “Alla politica – ha aggiunto Olivero – abbiamo chiesto di ascoltare la società civile organizzata, di coinvolgerla nei tentativi di riforma del Paese nell’interesse del bene comune”. In particolare, le Acli chiedono “al nuovo governo e a tutte le forze politiche e sociali, di dar vita in questa legislatura ad una Convenzione costituente, incaricata di proporre nuove regole condivise per innovare il Paese, soprattutto intorno ai nodi cruciali del welfare, del lavoro, della sussidiarietà e della partecipazione democratica. Una Commissione Attali all’italiana, come l’ho definita, per chiarire che non vogliamo solo parole, ma un confronto su proposte concrete, dove noi sappiamo di poter dare uno specifico contributo”.

Sir