Vita Chiesa

Ac, proposta un’assemblea straordinaria per continuare il rinnovamento

DI GIOVANNA PASQUALIN TRAVERSA«La Chiesa non può fare a meno dell’Azione cattolica» perché ha bisogno di laici «che, fedeli alla loro vocazione e stretti attorno ai legittimi pastori, siano disposti a condividere, insieme con loro, la quotidiana fatica dell’evangelizzazione». «So che voi ‘ci siete’, anche quando la vostra presenza preferisce i modi discreti del confondersi tra il popolo di Dio nel servizio umile e quotidiano». E proprio «perché la Chiesa ha bisogno di un’Azione cattolica viva, forte e bella, mi piace ripetere a ciascuno di voi: ‘Duc in altum’. Duc in altum Azione cattolica! Abbi il coraggio del futuro… Sii nel mondo presenza profetica… ». Sono alcune delle parole rivolte da Giovanni Paolo II all’associazione, nell’udienza concessa ai delegati all’XI Assemblea nazionale che si è conclusa il 28 aprile a Roma. «Un grande incoraggiamento» e «una rinnovata prova di affetto e di vicinanza ad un’associazione che nel tempo ha accompagnato e segnato la vita della Chiesa», suggellati «dalla carezza che il Papa ha voluto farmi a conclusione dell’incontro, una carezza rivolta a tutta l’Ac»: questo il commento al Sir della presidente nazionale Paola Bignardi. Un’autorevole conferma, quella di Giovanni Paolo II, al riconoscimento già espresso nella lettera che il Consiglio permanente della Cei aveva inviato nelle scorse settimane all’associazione, ma anche «l’impegnativa consegna – sono ancora parole di Paola Bignardi – ad essere in prima fila nell’evangelizzazione di ogni ambito della vita umana». Nella vita di un’associazione ci sono anche regole e linee che sono pensate ed attuate tenendo conto di esigenze che cambiano nel tempo. Nella fedeltà al presente oltre che al passato erano state proposte alla XI assemblea alcune modifiche dello Statuto che, accolte dalla maggioranza, venivano rese nulle dall’impossibilità di raggiungere un «quorum» fissato da considerazioni valide in passato ma oggi superate.

Per questo nella sessione conclusiva dell’assemblea è stata approvata una mozione, presentata da un centinaio di presidenti diocesani, che impegna il neo-eletto Consiglio nazionale a valutare l’opportunità di apportare alcune modifiche alle regole statutarie per una democrazia interna che accompagni il rinnovamento. Il Consiglio dispone ora di un mandato per convocare un’assemblea straordinaria entro un anno. L’assemblea ha quindi approvato una lettera dei delegati a tutti i soci, una mozione rivolta a Sharon ed Arafat per la pace in Terra Santa e la richiesta alle associazioni diocesane di un gesto di solidarietà (borse di studio) per giovani studenti di Betlemme. Di bilanci e prospettive, a conclusione dell’assemblea, abbiamo parlato con la presidente Paola Bignardi.

Presidente Bignardi, che cosa ha provato di fronte alla carezza del Papa?

«E’ stato un momento di profonda emozione, non facile da raccontare. Ho pensato subito che questo gesto di affetto fosse rivolto a tutta l’Azione cattolica e per questo, la sera stessa, l’ho voluto restituire all’Assemblea. Credo che l’Ac debba avvertire su di sé in questo momento la carezza del Papa, sentire che comincia il percorso postassembleare accompagnata dall’affetto e dall’attenzione di tutta la Chiesa, ed in particolare del Santo Padre. In un momento di rinnovamento, in cui occorre fare appello a nuove energie per affrontare il supplemento di difficoltà che queste fasi di transizione comportano, è importante che l’associazione avverta la vicinanza della Chiesa. Dopo il tempo ‘straordinario’ che, in quanto tale, va delimitato, inizia ora un tempo ‘ordinario’ che deve essere connotato da un timbro diverso».

Tra le altre cose il Papa ha detto all’Ac: «Abbi il coraggio del futuro».

«Il coraggio del futuro è guardare all’Azione cattolica che è davanti a noi; è il coraggio di una fedeltà alle nostre radici che pure sa rischiare aprendosi al rinnovamento. Un rinnovamento che parte dalla conversione del cuore, da Gesù, secondo il tema di questa assemb lea, ed è il modo più autentico di vivere la fede. Il Papa nella Novo millennio ineunte ci ha ricordato come la santità debba essere il nostro orizzonte ordinario poiché è l’unico modo oggi possibile di essere cristiani. In questo passaggio epocale, se l’Azione cattolica vuole avere il coraggio del futuro, deve avere il coraggio della santità».

Su quali pilastri poggia il processo di rinnovamento?

«Innanzitutto, come ho già avuto modo di dire, sulla conversione e sulla centralità della fede. Quindi sulle cinque parole della nostra profezia: comunione, interiorità, fiducia, fraternità, passione civile; infine su alcuni impegni concreti. Ciò che conta, tuttavia, non è tanto il fare cose nuove, quanto piuttosto l’accettare la fatica di pensare il nuovo con rinnovate categorie mentali”.

Che bilancio dell’Assemblea è possibile?

«Questa assemblea è andata oltre le nostre attese: partecipe, calda, responsabile, preceduta e accompagnata dalla preghiera. Dal punto di vista dei contenuti essa pone realmente le premesse di quel ‘futuro’ auspicato dal Papa e dai vescovi, e del quale sono già visibili alcuni germogli nella vita di tanti aderenti all’associazione. E’ un’Ac pacata e gioiosa, quella che incontro nelle diverse realtà del Paese, e che spesso rivela uno stile di santità umile e discreta, vissuta nella vita ordinaria. La sfida che abbiamo davanti è fare in modo, allora, che questa freschezza presente in molte persone divenga un fatto corale, sia la cifra di tutta l’associazione, che la santità torni ad essere il nostro orizzonte».

Quali sono ora le priorità, le prime cose cui mettere mano?

«Innanzitutto va ripensato l’impianto formativo dell’associazione, perché la formazione è il cuore dell’Ac e l’anima del suo impegno missionario. Per assumere in maniera nuova le domande che uomini e donne si portano oggi nel cuore, è necessaria una maggiore attenzione verso il cammino di ogni persona secondo un modello di crescita che ascolti la vita e interroghi la fede. A tale fine occorre riformulare il progetto formativo incentrandolo su una spiritualità non intimistica, ma essenziale ed incarnata nella vita quotidiana, e occorrono responsabili, educatori e animatori qualificati. Un elemento importante della formazione è anche la crescita nell’impegno civile, tanto più oggi che, a causa del diffuso individualismo, non sembra esservi una grande sensibilità per il bene comune. Non basta tuttavia affermare che ci vuole una nuova attenzione verso la società; occorre avere la pazienza di elaborare dei percorsi formativi e culturali che ricreino questa sensibilità: i ‘laboratori della partecipazione’ sono una proposta concreta in questo senso. Nelle prossime settimane formuleremo dei progetti al riguardo e verranno avviate delle sperimentazioni. Ritengo inoltre urgente il miglioramento della comunicazione intrassociativa per coltivare relazioni di qualità. Sono indispensabili, infine, talune modifiche strutturali perché, attraverso il ripensamento di alcune norme, la struttura sia il supporto che sostiene la vita associativa e le dà forma senza irrigidirla o comprimerla». ALTRI SERVIZI:La Lettera dei vescovi italiani (10-04-2002)La nuova primavera dell’Azione Cattolica