Vita Chiesa

Abbiamo bisogno dell’eternità

Oggi noi viviamo sotto la tirannia dell’attimo presente: le cose materiali hanno un carattere di urgenza che si impone su tutto il resto, e così il nostro tempo quotidiano è costantemente contratto, ansimante. Ma il momento presente è un frattanto teso fra passato e futuro, che raccoglie in sé tutta la pienezza del tempo; se perdiamo questa attenzione al presente come ad un bagliore di eternità noi viviamo in apnea.

In realtà noi sottostiamo ad una specie di inganno: è l’apparenza di necessità con cui si presentano alla nostra ragione le cose materiali, che essendo in se stesse transeunti e dunque soggette al tempo assumono un imperativo categorico di urgenza ed inderogabilità rispetto ai bisogni e desideri spirituali che ognuno di noi porta nel cuore, che in sé sono eterni e dunque non passano. Avviene così che le prime abbiano sempre il sopravvento sulla dimensione più spirituale del nostro vivere quotidiano, ed in questa prigionia noi ci scopriamo profondamente infelici, perché privati della nostra naturale prospettiva esistenziale. Dice infatti Qoelet: «Dio ha posto nell’uomo il senso dell’eternità, senza però che egli riesca ad afferrrare dal principio alla fine l’opera compiuta da Dio» (3,11).

È questo pensiero dell’eternità, questa consapevolezza intima di una pienezza che ci riguarda e di un compimento che tutto ricapitola, che ci necessita per essere felici; è questa visione di insieme, questo senso della durata di ciò che facciamo e sentiamo, è questa somma di tempi che resta, ciò di cui abbiamo bisogno per sentirci unificati ed interamente vivi: «pieni» e dunque nella pace.

Dice ancora Qoelet: «Ho osservato l’occupazione che Dio ha dato agli uomini perché si impegnino in essa. Tutto ciò che Egli ha fatto è bello a suo tempo». (3,10); «Per tutto c’è il suo momento, un tempo per ogni cosa sotto il cielo…» (3,1). È questo tempo «opportuno» che noi dobbiamo riscoprire, questo ordine, che dà bellezza ed equilibrio alla nostra vita: vi è una gerarchia di valori che ci è così connaturale che noi non possiamo ignorare se non al prezzo di vivere come esuli da noi stessi. L’urgenza delle cose materiali deriva proprio dal loro essere «materiali», soggette cioè all’ingiuria del tempo, all’usura dei giorni… Avviene però che noi dedichiamo la maggior parte delle nostre energie e del nostro tempo proprio a quelle cose che «la ruggine colpisce e la tignola distrugge».

Forse noi viviamo questa frustrazione legata all’attimo fuggente anche perché non abbiamo l’umiltà di sentirci «servi inutili» e di attendere dalla Provvidenza di Dio tutto quanto supera le nostre forze. Noi in verità non siamo necessari neanche a noi stessi e non bastiamo comunque a noi stessi. E quando ci imprigioniamo nell’attimo fuggente diventiamo dei senza tempo e dei senza patria, perché noi siamo destinati all’eternità.a cura delle Clarisse di San Casciano Val di Pesa