Italia

A Rondine un campo con ragazzi abcasi e georgiani

“Quando era il momento di ripartire, all’aeroporto di Fiumicino, si sono abbracciati e si sono commossi”. Ha ancora questa immagine negli occhi Franco Vaccari, presidente di Rondine Cittadella della Pace (Arezzo), associazione che nella seconda metà di luglio ha ospitato, all’interno del campo internazionale “Building Bridges” (“Costruire ponti”), quaranta giovani del Caucaso di età compresa tra i 18 e 25 anni tra cui venti giovani abcasi e venti georgiani. L’eccezionalità dell’evento sta nel fatto che si è trattato di una delle rare opportunità in cui giovani provenienti dalle due sponde del fiume Enguri hanno potuto incontrarsi dopo il conflitto dell’agosto 2008 tra Russia e Georgia. Questa possibilità è nata grazie anche ai contatti che Rondine ha stabilito a tutti i livelli – istituzionale, civile, culturale e religioso – lo scorso anno, nello corso del “Viaggio di amicizia” (di cui il Sir ha pubblicato un reportage) nel Caucaso del sud e Turchia. In quel frangente l’associazione portava, tra l’altro, un documento propositivo, i “14 punti per la pace nel Caucaso”, un testo redatto e approvato nel maggio 2009 presso il Santuario de La Verna da 150 rappresentanti dei popoli caucasici. Durante il viaggio sono stati toccati vari paesi come Azerbaijan, Georgia, Abkhazia (regione auto-proclamatasi autonoma dalla Georgia) e Armenia, attraversate, dopo la dissoluzione dell’Unione sovietica, da vari conflitti. Al campo di luglio erano presenti anche giovani armeni e azeri, provenienti da paesi divisi, negli anni ’90, dalla guerra per il controllo del Nagorno Karabakh, ma c’erano anche ceceni, ingusci e russi.

La forza della’educazione alla pace. “Bisogna investire nella forza dei giovani – dice al SIR il presidente Vaccari – che, grazie anche a questa esperienza in Italia, hanno capito che vogliono prendere in mano il loro futuro. Con lo Studentato internazionale di Rondine portiamo avanti un progetto di convivenza ed educazione alla pace tra studenti che provengono da aree di conflitto ma ci asteniamo da giudizi di merito e dalle valutazioni politiche. Nel viaggio dell’anno scorso abbiamo creato relazioni di fiducia con tutte le istituzioni e atenei con cui siamo venuti in contatto, che hanno poi portato come risultato la possibilità data a questi giovani abcasi e georgiani, che non si erano mai visti, di conoscersi e incontrarsi in un ambiente lontano dai loro luoghi di provenienze e dai loro problemi. Questi giovani hanno messo una bandiera sul futuro, e ci rafforzano nell’idea che è veramente l’educazione l’ambito in cui dobbiamo investire le nostre forze”.

Il lavoro nei piccoli gruppi. La realizzazione dell’iniziativa è stata attuata nell’ambito del Coberm (Confidence Building Early Response Mechanism), fondo finanziato dall’Unione Europea e gestito dall’Undp (United Nations Development Programme, Programma di sviluppo delle Nazioni Unite) ed è avvenuta grazie anche al sostegno del Ministero degli Esteri italiano e di altre organizzazioni. Nei giorni del campo sono avvenute attività di scambio e formazione: i partecipanti hanno preso parte a workshop formativi mirati a perfezionare la loro preparazione in vari ambiti. Obiettivo principale del percorso attuato è stato quello di fornire loro competenze utili alla promozione di progetti di cooperazione. Molti i temi trattati: dall’alta formazione sull’europrogettazione e ricerca di finanziamenti comunitari al team building e team working, dalla parità di genere alla redazione di testi giornalistici, dal webmastering all’analisi dei problemi dell’ambiente. Si è lavorato in piccoli gruppi misti, confrontandosi e collaborando per presentare al termine del campo relazioni finali che riportassero considerazioni condivise.

Uno sguardo di “apertura”. L’immersione degli ospiti nella realtà dello Studentato di Rondine, dove, oltre che dal Caucaso, ci sono giovani che vengono dal Medio Oriente, dai Balcani e da altre zone “problematiche”, “ha permesso – ha sottolineato ancora Vaccari – che le differenze sparissero e che alla fine quelli presenti si trasformassero in giovani che semplicemente disegnavano il loro futuro”. Una delle partecipanti del campo, Clara della Vall, a proposito del campo ha notato che a “Building Bridges gli studenti di Rondine, i quaranta giovani caucasici, i dieci italiani, gli studenti dello Studentato Internazionale, gli esperti, i tutor e lo staff si sono guardati negli occhi, chi per la prima volta, chi per la millesima. E da quest’incrocio di sguardi è nato qualcosa. L’apertura, di tutti, chi più e chi meno, ognuno per quel che poteva. L’apertura a un saluto diverso, a un’idea diversa, a un cibo diverso, a una paura diversa. La paura, quella non va mai via ma anche la voglia di affrontare la paura, che può, invece, nascere quando le persone, le situazioni, l’ambiente che abbiamo intorno ci danno una mano”.