Lettere in redazione

A proposito di «Livorno presente»

Che ognuno di noi sia soggetto a pensar male anche quando il male non c’è, è purtroppo esperienza comune. Ma a noi giovani che abbiamo preparato quello striscione («Livorno presente») con il desiderio di segnalare la nostra viva partecipazione ad importanti avvenimenti ecclesiali, ha suscitato disgusto e dispiacere veder stravolgere senza motivo le nostre intenzioni nella lettere al Toscanaoggi in cui una lettrice si premurava di prendere decisamente le distanze dalla nostra iniziativa.

Abbiamo capito che comunque bisognava tranquillizzarla assicurandole che nel nostro striscione non c’è nulla di nostalgico. «La presenza» è parola spiccatamente religiosa come ci insegna la Bibbia e in tutto il messaggio cristiano abbonda questa parola.La presenza di Dio, («Dove due o più persone si radunano nel mio nome, io sono in mezzo a loro») la presenza del cristiano nel mondo («Siate miei testimoni»), la presenza dei santi nella Chiesa e nella sua liturgia, i defunti sono presenti nella nostra preghiera, le persone che amiamo sono presenti nel nostro cuore…Dovremmo cancellare questa parola ritenendola propaganda politica perché anche un partito l’ha usata nelle sue manifestazioni?

Serietà e riflessione sono da anteporre ad ogni pensiero che ci passi per la mente per non attaccare «targhette sbagliate» ad iniziative del nostro prossimo.

I giovani delle parrocchiedel III Vicariato – Livorno

Non avevo alcun dubbio. Quello striscione dei giovani livornesi non voleva certo alludere agli slogan del Ventennio. E quindi capisco la loro reazione alla lettera indignata che abbiamo pubblicato sul numero scorso e che so aver provocato un certo dibattito a Livorno. La «presenza» – di per sé – è certamente un concetto biblico e fortemente positivo. Però credo sia giusto tener conto sempre delle sensibilità altrui e dei percorsi storici che certe espressioni compiono. Pensiamo al «Gott mit uns» delle SS, che pur vuol dire soltanto un rassicurante «Dio è con noi». Ho conosciuto una persona, un grande educatore, che non riusciva a sopportare che i giovani fischiassero, neanche per richiamare l’attenzione. Gli ricordavano gli ordini che riceveva dai soldati nei lager tedeschi in cui finì dopo l’8 settembre, a 19 anni.

Claudio Turrini