A Pisa e a Firenze l’anno cominciava il 25 marzo; a Venezia il primo marzo; a Bisanzio e nell’Italia meridionale il primo settembre; in buona parte d’Europa e nello stato pontificio il 25 dicembre; a Parigi coincideva con la Pasqua, tra il 22 marzo e il 25 aprile (ma per qualche anno, dopo la rivoluzione, il 22 settembre). Nonostante Giulio Cesare, nel 46 a.C., avesse fissato il capodanno al primo gennaio, durante il medioevo i modi di calcolare l’inizio dell’anno si moltiplicarono e per secoli rimasero i più vari.L’origine di molti di questi «stili» ha fondamento nel calendario liturgico. A Pisa e a Firenze l’anno veniva fatto iniziare con la data dell’incarnazione di Gesù – nove mesi prima del natale – pur con qualche differenza tra i due sistemi di calcolo. Infatti se utilizzassimo ancora lo «stile pisano» dovremmo spostare in avanti i nostri calendari, mentre nello «stile fiorentino» dovremmo spostarli indietro. Il calendario attuale fu istituito da Gregorio XII per riallineare la sfasatura dell’equinozio di primavera causata dall’imprecisione intrinseca nel calendario giuliano, che era basato su una durata media dell’anno di 365 gironi e 6 ore, circa 11 minuti in più dell’anno tropico. Il progetto – che prende il nome da papa Gregorio e fu ideato dal calabrese Luigi Grillo – venne messo in pratica nel 1582, quando si passò dal 4 ottobre al 15 ottobre in una sola notte.Una curiosità: il calendario gregoriano in Inghilterra fu adottato dopo quasi due secoli, mentre la Grecia, la Serbia e la Russia fino alla prima guerra mondiale utilizzarono ancora il calendario giuliano (che continuano ad usare nella liturgia).Anche a Pisa e a Firenze il nuovo calendario non ebbe un utilizzo immediato. Si dovette attendere fino all’editto granducale del 20 novembre 1749, che impose anche ai toscani l’utilizzo del calendario gregoriano e quindi stabilì il capodanno al primo gennaio.Ma da qualche anno, sia i pisani sia i fiorentini, si sono riappropriati della loro antica tradizione, e il 25 marzo festeggiano il capodanno nei vecchi «stili».Da noi il recupero di questa tradizione si deve, in particolare, a Silvano Burgalassi e agli studi compiuti insieme ad Alberto Zampieri sulla teologia ed il simbolismo della piazza del Duomo. Studi da cui emerge, ad esempio, come a mezzodì del 25 marzo, un raggio di sole entrando da una finestra aurea posta nell’abside va a colpire una mensola sopra il pergamo di Giovanni pisano: il segno che l’anno pisano è ufficialmente iniziato. Chi sarà presente a questo appuntamento e si metterà in cerca della mensola, sappia che in quel luogo i costruttori del Duomo vollero porre un uovo di marmo, da sempre simbolo di nascita (per i laici) e della rinascita, del rinnovamento interiore (per i fedeli). A Pisa i festeggiamenti sono iniziati sabato 18 marzo e sono proseguiti con concerti e conferenze fino ai giorni immediatamente a ridosso del 25. Venerdì 24, alle 16,30, su invito dell’Accademia dei Disuniti, la professoressa Gabriella Garzella tiene all’Hotel Royal Victoria, sul lungarno, una conferenza dal titolo: «Scene di vita quotidiana a Pisa dai sermoni dell’arcivescovo Federigo Visconti, 1250-1277». Più tardi, alle 17,30, nella Sala delle Baleari, a Palazzo Gambacorti, gli Amici di Pisa hanno invitato il professor Ottavio Banti a tenere una conferenza sul tema: «All’origine della politica filoimperiale e del ghibellismo di Federico II (il Barbarossa) del 6 aprile 1162». Ma il clou dei festeggiamenti naturalmente si avrà sabato 25, quando il corteo storico partirà dalla chiesa di San Giorgio al Tedesco, in Via Santa Maria, per percorrere le strade cittadine e terminare in Duomo, dove si terrà la celebrazione eucaristica e sarà proclamato l’inizio dell’anno nello «stile pisano».