Toscana
A don Ciotti il Pegaso d’oro. Rossi sulla corruzione: «Marcio che lascia sgomenti»
«Certezza della pena, pene più severe, stretta sui reati e sulle confische: queste misure annunciate ieri dal presidente del Consiglio vanno nella direzione giusta per un contrasto reale a un fenomeno, la corruzione, che in questo Paese ha assunto dimensioni inaudite».
Così Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana, che oggi ha conferito il «Pegaso d’oro» a don Luigi Ciotti, per l’associazione Libera, riconoscendo in questo sacerdote – così recita la motivazione ufficiale – «l’umile e instancabile operatore di pace e giustizia, promotore di una cultura della non violenza quale migliore risposta alla diffusione del fenomeno mafioso e dei suoi meccanismi».
Sottolineato come don Ciotti («La sua vita e la sua azione pastorale è da sempre spesa generosamente in favore dei diritti dei più deboli, degli ultimi e della vita democratica e civile del Paese») abbia da sempre compreso come «all’attività dei poteri criminali si debba rispondere con una analoga capacità della società civile di reagire», Enrico Rossi ha ricordato come migliaia di giovani toscani, dal 1994, anno della prima legge regionale per la legalità, abbiano partecipato a esperienze di lavoro nei terreni sottratti alle mafie e come siano stati portati avanti progetti educativi nelle scuole arrivando a costituire, in Regione Toscana, il Centro per la legalità democratica («struttura dedicata alla raccolta, produzione e divulgazione di documenti e materiali sui temi della criminalità organizzata e delle mafie, del terrorismo e delle stragi, della sicurezza urbana e dell’educazione alla legalità»).
69 – ha ricordato Rossi – i beni confiscati in Toscana alla criminalità organizzata: 12 aziende e 57 immobili. Fra questi l’azienda agricola di Suvignano («Con l’agenzia nazionale dei beni confiscati stiamo concludendo un accordo, proprio in questi giorni, per mantenere l’utilizzo di questo bene a uso sociale»). E Rossi ha definito il «riuso sociale» come «conquista dell’antimafia italiana dalla quale non si può tornare indietro: conquista da perfezionare e allargare anche ad altri reati come la corruzione».
E proprio sulla corruzione («Basta dare un’occhiata all’attualità, ai tanti vasi che vengono scoperchiati e al marcio che ne fuoriesce e che lascia sgomenti»), Rossi si è infine soffermato sul valore dell’educazione dei giovani alla legalità. «Un vaccino – ha detto riferendosi in particolare ai campi antimafia – contro la criminalità organizzata».
Tutto centrato sull’esigenza di restituire il primato alla «coscienza» e alla «responsabilità» l’intervento di don Luigi Ciotti che, parlando in una sala Pegaso affollata da autorità ed esponenti della società civile, non si è sottratto a commenti sulla stretta attualità di quanto sta accadendo a Roma («Bene ha fatto la Procura a dare il 416 bis»). Per il fondatore di Libera («è necessario fare pulizia, ma senza l’autoriforma delle coscienze il rinnovamento non sarà autentico») l’augurio è quello a essere «eretici» puntando sulla dimensione, implicita in questo concetto, della scelta («Eretico è chi sceglie, chi ama la ricerca della verità più della verità, chi si ribella al sonno delle coscienze, chi non pensa che la povertà sia una fatalità perchè la speranza ha bisogno del contributo di tutti»).
Una standing ovation ha accolto le parole di don Luigi che ha anche sottolineato la centralità della lotta alla corruzione nel magistero di papa Francesco.
Il «Pegaso d’oro della Regione Toscana», istituito nel 1993, è un riconoscimento per segnalare al pubblico encomio cittadini, italiani o di altri Paesi, che hanno reso un servizio alla comunità nazionale e internazionale attraverso la loro opera in campo culturale, politico, filantropico e del rispetto dei diritti umani. Consiste in una riproduzione del cavallo alato, simbolo della Regione Toscana, tratto da una moneta attribuita a Benvenuto Cellini. Fra i premiati, nel corso dei decenni, Luis Sepulveda e Margherita Hack, Roberto Benigni e Silvano Piovanelli, Eugenio Garin e Mario Luzi, Jacques Delors e Mikhail Gorbaciov.