Toscana
A Casa di Simone è festa del babbo tutti i giorni
La storia di Alessio, Monica e della loro casa a Rignano sull'Arno

«Quando io e mia moglie Monica abbiamo creato tutto questo – racconta Alessio Ricci, fondatore di “A casa di Simone” – volevamo dare amore e assistenza a quei bimbi che un padre non ce l’hanno». Venticinque anni fa, prima che le loro vite prendessero una piega inaspettata, Alessio e Monica decidono di prendere in affidamento un bambino. La coppia, residente a Rignano sull’Arno, in provincia di Firenze, aveva già avuto due figli biologici, ma in questo caso era diverso: il padre del piccolo era scomparso prima che lui potesse conoscerlo, la madre era in difficoltà e aveva delle gravi dipendenze. All’età di appena nove anni, Simone conosce la sua nuova famiglia. Porta gioia e risate, paure e incertezze, ma soprattutto tanto amore. Per 14 lunghi anni, la monotonia quotidiana di prima viene spazzata via e le vite di Alessio, di Monica e dei loro due figli vengono riempite come non mai.
Nel ricordo di Simone, con la volontà di condividere quelle emozioni e quell’amore che aveva donato e ricevuto, nel 2022 viene fondata l’associazione «A casa di Simone», per offrire un sostegno alle famiglie in situazioni di precarietà. «Ci concentriamo – spiega Alessio – su quei bambini che, com’era per Simone, non hanno una figura paterna. Diamo assistenza anche alle madri che sono in cerca di un posto dove stare».
Un po’ per devozione, un po’ perché rappresenta la figura paterna per eccellenza, Alessio ha sempre ammirato san Giuseppe. «Ho pensato a lui in diversi momenti della mia vita. È un padre che ha sofferto in silenzio, accettando la scelta di Gesù con grande amore, restandogli sempre accanto fino alla fine». E il significato ebraico del suo nome richiama un po’ le storie di Simone e dei bambini dell’associazione. Yaseph, «Giuseppe», significa «Dio aggiunga», interpretato, nel suo significato più ampio, come un figlio che si aggiunge a una famiglia. E per i fanciulli della casa accoglienza, spesso senza un padre, Alessio diventa quel riferimento maschile di cui hanno bisogno nella vita di tutti i giorni.
Il cuore pulsante dell’associazione è la casa accoglienza nella canonica della pieve di San Leolino, a Rignano. Qui vivono stabilmente sei bambini insieme alle loro mamme, mentre altri quattro partecipano alle attività del giorno per poi tornare a casa. Hanno diverse età: dai diciotto mesi agli undici anni. «A casa di Simone» la giornata comincia con la preparazione, dedicata ai più «grandi», per andare a scuola. I più piccoli, invece, restano con un’educatrice che li accudisce e prepara loro da mangiare. Nel pomeriggio, gruppi di boy-scout e di volontari affiancano i bambini durante il dopo scuola. Arriva l’ora della merenda e poi cominciano le attività ludiche fino alle 18, quando le mamme tornano dal lavoro. «Ogni fanciullo – ammette Alessio – sviluppa un rapporto speciale con i volontari, che ci aiutano con costanza. Passano del tempo insieme, si affezionano e costruiscono dei legami». Come nel caso di una volontaria molto calma e del suo rapporto speciale con una bambina molto simile a lei. «Si sono trovate caratterialmente – scherza – e adesso stanno sempre insieme».
L’obiettivo della casa è quello di offrire un sostegno alle famiglie in difficoltà, aiutando i loro figli a crescere e a diventare autonomi. «Nonostante siano un po’ reticenti quando arrivano – prosegue il fondatore di “A casa di Simone” – si sviluppa un rapporto, prima con gli sguardi, poi con gli abbracci. Danno amore e hanno bisogno di amore». In oltre tre anni di attività ad aver lasciato la casa sono stati in quattro. Tra loro c’era una bambina. La sua storia motivò Alessio e Monica ad aprire l’associazione. Suo padre, camerunense, e sua madre, ivoriana, erano arrivati in Italia, dov’era nata la piccola. A causa di difficoltà economiche i due erano stati costretti a separarsi, andando a vivere in posti differenti. «Alla mensa della parrocchia – ricorda Alessio – si è instaurato un rapporto con sua mamma, che si era trasferita qua a Rignano. Era in una situazione complicata e la figlia rischiava di esserle sottratta. Ci hanno convinti che l’idea di aprire la casa accoglienza era buona e necessaria». Quando Simone era stato affidato alla coppia, Alessio e Monica erano rimasti in stretto contatto con sua madre per evitare che il giovane si allontanasse troppo dalla sua famiglia biologica e anche in questo caso non intendevano permettere che accadesse. La mamma e la bambina sono diventate così le prime ospiti dell’associazione. Il sostegno di Alessio, Monica e di volontarie e volontari ha permesso loro di ricongiungersi al padre, tornando a vivere insieme come una vera famiglia.
Ci sono stati, però, anche episodi in cui i genitori hanno scelto di lasciare la casa. «Noi non possiamo prendere decisioni al riguardo», ribadisce Alessio. «Alcuni si sono trovati in difficoltà e ce lo aspettavamo. Quello che possiamo fare, quando riteniamo alcune situazioni allarmanti, è avvertire gli assistenti sociali e farglielo presente».
Nella comunità di Rignano, con il passare degli anni, «A casa di Simone» è diventato un punto di riferimento e di supporto per tutti quei nuclei familiari in condizioni di solitudine, di difficoltà economica, d’esclusione sociale. Casa è sinonimo d’accoglienza, di condivisione, ma soprattutto d’amore. «Mi sento appagato e orgoglioso – confessa Alessio – di quello che abbiamo creato insieme a mia moglie. Tutti i nostri sacrifici sono stati ripagati da un amore unico». Quell’amore che le bambine e i bambini dell’associazione, esattamente come Simone, hanno dato e ricevuto, andando a riempire delle vite che, altrimenti, sarebbero rimaste vuote.