Vita Chiesa
La scomparsa di don Gelmini: ombre e luci di prete anti-droga
Un uomo probo, un giusto che aveva dedicato la propria vita agli altri, addirittura un santo. Un uomo ambiguo, una condanna per truffa, l’accusa (mai provata) di abusi sessuali. Don Pierino Gelmini, morto ieri notte, divideva sostenitori – tra di loro politici di calibro come Silvio Berlusconi – e detrattori.
Di certo questo piccolo sacerdote rubizzo nato 89 anni fa a Pozzuolo Martesana, un piccolo comune del Milanese, malato da diversi anni, ha vissuto una vita controversa ed esuberante. Diventa anche presidente del locale Comitato nazionale di Liberazione.
Decide poi di farsi prete, presentandosi al vescovo di Grosseto, diocesi povera di clero. Il 29 giugno 1949, nel duomo di Grosseto, viene consacrato sacerdote. Nominato Assistente diocesano della GIAC (Gioventù Italiana di Azione Cattolica), per dieci anni è parroco in zone povere e di miniera. Dapprima a Casal di Pari; poi gli viene affidata la costituzione di una parrocchia a Bagno di Gavorrano, una realtà dominata dal lavoro della miniera e dal complesso disagio umano, ideologico ed economico, che questa realtà lavorativa comportava negli anni ’50. Tra l’altro, si trova in prima fila nei soccorsi e nella solidarietà con le vittime della disgrazia (42 morti) nella miniera di Ribolla.
Poi si trasferì a Roma come assistente delle ACLI e qui divenne segretario di un cardinale argentino, Luis Copello.
Don Gelmini era fratello di un altro noto ecclesiastico, il francescano Eligio Gelmini, confessore di calciatori e fondatore del Telefono Amico. Don Pierino si dava molto da fare. Nel 1969 arrivano i primi guai con la giustizia. Come ricostruì Francesco Grignetti su La Stampa nel 2007, dopo un passaggio in Vietnam viene arrestato per bancarotta fraudolenta, emissione di assegni in vuoto, truffa. Si fa quattro anni in carcere. Nel 1976 viene arrestato di nuovo, questa volta insieme al fratello frate. L’accusa – una vicenda di bustarelle – si sgonfia e don Gelmini viene rilasciato. E’ in quegli anni che matura la decisione di dedicarsi al recupero dei tossicodipendenti.
La svolta arriva con l’incontro, il 13 febbraio del 1963, con Alfredo, sui gradini della chiesa di Sant’Agnese, in piazza Navona a Roma. Un ragazzo tossicodipendente, che non gli chiede soldi ma aiuto. Alfredo viene accolto in casa da don Gelmini, che da quel momento cominciò il suo impegno. Nel 1979 mette su una comunità in un casolare di Amelia, in Umbria.
La “comunità Incontro” – questo il nome della struttura – miete successi e apre centri in diverse regioni italiane e in molti altri paesi. Strappa molti tossici alla droga. I guai con la giustizia non finiscono – nel 1992 il sindaco di Amelia dell’epoca, Luciano Lama, lo denuncia per abuso edilizio – ma l’iniziativa di don Gelmini conquista sempre più la fiducia del mondo dello spettacolo e della politica.
Oggi Molino Silla è la casa madre e il centro operativo della comunità Incontro, che conta 164 sedi residenziali in Italia e 74 sedi in altri Paesi, come Spagna, Francia, Svizzera, Slovenia, Croazia, Thailandia, Bolivia, Costa Rica, Brasile, Stati Uniti (a New York) e Israele (Gerusalemme). In Italia può fare riferimento a 180 gruppi d’appoggio sparsi in tutto il Paese (impegnati anche nella lotta alle ludopatie). Una realtà internazionale che vanta un seggio all’Onu come organizzazione non governativa. Negli ultimi anni, in particolare, è con il centro-destra che Gelmini trova maggiori simpatie. La festa che ogni anno tiene ad Amelia vede partecipare big della politica italiana come Maurizio Gasparri, Marcello Pera e Carlo Giovanardi. E come Silvio Berlusconi, che alla festa di compleanno per gli 80 anni, nel 2005, stacca per la “comunità Incontro” un assegno di cinque milioni di euro.
I rapporti tra questo prete sui generis – da anni, anche esarca della Chiesa cattolica greco-melkita – e le gerarchie ecclesiastiche non sono mai stati semplici. Nell’agosto 2007 si apprese che don Gelmini era indagato dalla procura di Terni per presunti abusi sessuali avvenuti tra il 1999 ed il 2004 su una decina di ospiti minorenni della sua comunità.
Nel 2008, con Benedetto XVI, don Gelmini viene ridotto allo stato laicale. Smette di essere prete cattolico. Lui, almeno inizialmente, reagisce male. “L’inferno non esiste nell’aldilà: esiste qui, su questa terra, dovrebbero capirlo quelli che stanno nei palazzoni, laggiù, in Vaticano, dove c’è il migliore paradiso possibile, quello dei ricchi e dei potenti”, afferma in un’intervista. Le accuse di pedofilia sono tutte da vagliare, ma vengono prese sul serio dai magistrati. Che a giugno 2010 rinvia a giudizio l’ex prete.
A difenderlo dalle accuse, tra gli altri, il parlamentare del Pdl Renato Farina. Il processo viene però rimandato per lo stato di salute di don Gelmini. Ieri notte, la parola fine. Pierino Gelmini, si legge su Avvenire, è morto nella “casa” di Molino Silla di Amelia, la sede centrale della Comunità Incontro, “assistito fino in ultimo” dai “suoi ragazzi” che per anni ha aiutato a uscire dalla tossicodipendenza.