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Prato, Giovannelli: «Lo smembramento della Galleria di Palazzo Alberti è illegittimo»
La collezione dei quadri di sculture, conosciuta come Galleria di Palazzo degli Alberti, già di proprietà della Cassa di Risparmio di Prato o ora, per effetto della incorporazione della stessa, della Banca Popolare di Vicenza, ha subito un vulnus, costituito dal suo smembramento e dal parziale trasferimento, di cui istituzioni e cittadini hanno diffusamente parlato e che debbono considerarsi illegittime ai sensi del codice dei beni culturali (D. Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 e successive modifiche).
L’importanza della collezione è nota. Essa riunisce una raccolta d’arte formatasi a Prato a partire dagli anni trenta del novecento. Comprende dipinti su tavola del XV e XVI secolo, opere di scuola toscana del seicento e una collezione di sculture neoclassiche del pratese Lorenzo Bartolini. Spiccano, poi, i dipinti di Giovanni Bellini (Crocifissione con cimitero ebraico), di Caravaggio (La coronazione di spine) e un lavoro giovanile di Filippo Lippi (Madonna col Bambino).
Non ci è nota la dinamica dello spostamento e del trasferimento dei beni culturali ricordati, che si troverebbero o a Vicenza o in altre città, là collocati dalla Banca Popolare di Vicenza, che ne è proprietaria.
La collezione fu, nella sua attuale consistenza e per la quasi totalità, acquisita e costituita dalla Cassa di Risparmio di Prato (ente, la cui disciplina era dettata dal R.D. 25 aprile 1929 n. 967 e dalla legge bancaria, di cui al r.d. l. 24 febbraio 1938 n. 204, convertito nella legge 3 giugno 1938 n. 787), prima che l’assetto giuridico della Cassa di Risparmio fosse modificato dalla legge 218/1990 (legge Amato), con lo scorporo dell’azienda bancaria e la costituzione della Fondazione con finalità morali e benefiche.
Le Casse di Risparmio, nella configurazione del R.D. che la disciplinava e della legge bancaria, erano inquadrate nella categoria degli enti pubblici economici, non quindi soggetti civili o commerciali, ma soggetti pubblici per la struttura e le finalità perseguiti (si veda: A. Senin, voce Cassa di Risparmio, in Enc. Diritto, 1960).
Ora il codice dei beni culturali (D.Lgs. 42/2004) non solo qualifica come beni culturali (art. 10, comma 2 , lettera a) “le raccolte dei musei, pinacoteche, gallerie… di ogni altro ente od istituto pubblico”, stabilendo che (art. 13, comma 2) la dichiarazione di bene culturale è, nel caso delle gallerie in re ipsa non necessitando una apposita dichiarazione della Sovrintendenza Regionale, ma altresì che tale natura viene conservata anche se l’ente o l’istituto pubblico cambi successivamente natura.
Il Consiglio di Stato, poi, con un autorevole parere dell’Adunanza Generale (n. 02102/2011 del 26 maggio 2011) ha statuito che la necessità di sottoporre a verifica i beni appartenenti a soggetti pubblici privatizzati ha valore retroattivo e quindi opera anche se la privatizzazione è antecedente all’entrata in vigore del codice dei beni culturali.
Parimenti il principio, avendo la medesima ratio, va esteso alla raccolta di musei, pinacoteche e gallerie costituiti da enti ed istituti di diritto pubblico, anche se poi -per i più diversi motivi, ma quasi sempre per il sopravvenire di specifiche norme legislative- hanno subito un processo di privatizzazione.
Le conseguenze del ragionamento che abbiamo svolto sono così sinteticamente da riassumere:
a) la Galleria di Palazzo degli Alberti nel suo insieme è un bene culturale ex se, in quanto realizzata e appartenente ad un ente di diritto pubblico;
b) tale Galleria rimane bene culturale anche dopo che la Cassa di Risparmio di Prato si è trasformata da ente pubblico in società per azioni, con natura di società commerciale di diritto privato e anche dopo che la Cassa di Risparmio di Prato è stata incorporata dalla Banca Popolare di Vicenza;
c) lo smembramento operato dal proprietario attuale (Banca Popolare di Vicenza) della Galleria è illegittimo, secondo il divieto sancito dall’art. 21, comma 1, lettera c) del codice dei beni culturali e per ricomporre l’unità deve intervenire, con atto autoritativo, la Soprintendenza Regionale dei Beni Culturali;
d) il trasferimento integrale della Galleria dovrebbe essere semmai autorizzato dalle stessa Soprintendenza, non sarebbe, comunque, ammissibile e, se autorizzato, si rivelerebbe illegittimo, perchè, come ha sostenuto autorevole dottrina, va evitata “ogni decontestualizzazione del bene tale da diminuirne o alterarne la percezione culturale”.
Alla luce delle considerazioni qui svolte, appare utile e opportuno che tutte le istituzioni pratesi, e in particolare Comune, Provincia, Fondazione Cariprato, intervengano presso la Sopriretendenza Regionale perchè si attivi per ricomporre a Prato l’unitarietà della Galleria di Palazzo degli Alberti.
* avvocato amministrativista