Cultura & Società
La scomparsa di Fabrizio Fabbrini, il «pacifista» amico di La Pira
Fabrizio Fabbrini era nato a Forlì nel 1938, ma aveva trascorso la sua giovinezza tra Udine e Roma dove era assistente ordinario all’Università, quando nel 1964, a 26 anni, dovette partire militare. Pacifista cattolico, fondatore del Movimento internazionale per la riconciliazione, Fabbrini cercò subito di obiettare appena arrivato al Car di Cosenza ma gli fu impedito dai superiori e il cappellano militare, a cui aveva manifestato questa intenzione, gli impediva anche di accostarsi alla Comunione. Il 6 dicembre 1965, due giorni prima della fine del Concilio Vaticano II e quando gli mancavano solo 10 giorni al congedo, riuscì ad uscire dalla caserma a Roma con la divisa in un sacco e presentatosi alla tenenza dei Carabinieri, davanti ad alcuni amici che gli facevano da testimoni, consegnò la divisa e un manifestino dove spiegava le sue reazioni. Nello sconcerto dei suoi superiori, che tentarono in tutti i modi di farlo desistere, Fabbrini fu trasferito il giorno dopo nel carcere militare di Forte Boccea.
Ne seguì nel mese di febbraio un processo clamoroso «che anziché durare 15 minuti come accadeva in genere in questi casi, durò 10 giorni. Fu condannato ad un anno e 8 mesi di reclusione. Ma il 6 giugno del 1966, a sei mesi dall’arresto, fu rimesso in libertà. Per il ventennale della Repubblica il Parlamento votò amnistia e indulto. Fabbrini rifiutò l’amnistia ma non poté dire di «no» all’indulto che serviva a svuotare le carceri.
«Quattro giorni dopo la condanna – raccontò Fabbrini a Toscana Oggi nel 2012 – mi arrivò il telegramma che mi diceva che non ero più assistente ordinario all’Università di Roma. Allora La Pira mi spedì un telegramma dicendo: Se da Roma la cacciano, a Firenze c’è posto per lei. A giugno venni a Firenze, per ringraziare La Pira. In realtà il posto non c’era e dovetti fare il concorso per insegnare storia e filosofia alle superiori. Poi nel 1969 si liberò un posto di assistente ordinario. Vinsi quel concorso e divenni assistente ordinario di Giorgio La Pira». Da quella vicenda, che ebbe grande clamore e che fu uno dei gesti che portarono poi nel 1972 alla legge sull’obiezione di coscienza al militare, Fabbrini scrisse un libro «Tu non uccidere», che ebbe la prefazione di Giorgio la Pira, al quale rimase profondamente legato fino alla sua morte.
Fabrizio Fabbrini, che viveva ad Arezzo, ha poi insegnato Storia romana dell’Università di Siena, prima nella facoltà di Magistero ad Arezzo (fin dalla sua istituzione) e poi in quella di Lettere e Filosofia. È stato anche direttore dell’Istituto di Storia antica per oltre venticinque anni e presidente del Corso di laurea in Lettere. Studioso di storia greca e romana, aveva dedicato attenzione anche all’epoca moderna: tra gli ultimi volumi pubblicati ricordiamo quelli sui Giochi olimpici antichi e moderni, su Piero della Francesca e su Luigi XVI. Professore ordinario dal 1983, era in pensione dal 2010.
Nel mese di giugno, per un banale incidente, Fabbrini aveva sbattuto la testa con conseguente spostamento delle prime due vertebre cervicali che lo avevano immobilizzato. Da circa un mese era ricoverato al Centro di riabilitazione Don Gnocchi di Firenze. I funerali, celebrati da due vescovi emeriti, mons. Gastone Simoni e mons. Luciano Giovannetti, saranno domani, venerdì 25 gennaio, alle 15,30 nella basilica di San Marco a Firenze. La salma è esposta fino alle 12 di domani in San Marco.