Opinioni & Commenti

Francesco d’Assisi e Giorgio La Pira: uomini e santi

Conoscendo sempre più la vita e gli  scritti del Professore l’accostamento dei due personaggi non solo è di dovere ma si pone in una ideale continuità tra il Padre – Francesco – e il figlio che è vivezza nuova che nasce dalle radici di un albero secolare. L’albero di santità ricco di polloni sempre nuovi lungo l’arco dei secoli, che di certo pone il Professore come uno di questi che, come ebbe a dire l’indimenticabile Fioretta Mazzei sua degna interprete nella vita dello spirito, si pone come gettito nuovo con colori fosforescenti ed attuali. Giorgio La Pira fu un degno figlio di san Francesco perché seppe aprirsi alle novità dello Spirito che appunto l’esperienza francescana richiedeva per quegli anni e li seppe ripresentare nella novità della sua personalità unica, originale e stupendamente nuova.

Il Professore non si pone in questa chiamiamola «sintonia» francescana soltanto perché fa parte dell’Istituto della Regalità di nostro Signore Gesù Cristo, bensì perché si situa nel solco di quell’opera dello Spirito che fa di La Pira, nella famiglia francescana, un uomo che seppe, da innamorato di Dio e del suo servo Francesco, adoperarsi per interpretare nell’oggi il suo essere di Cristo. Ponendosi nella storia con le scelte della sua personalità eclettica ed originale nei vari campi del suo esistere: da quello spirituale a quello politico, da quello economico-amministrativo a quello di ambasciatore di pace, da quello ecumenico a quello interreligioso.

Come ebbe a dire di lui il suo grandissimo amico e fratello nel cammino della consacrazione secolare, Ezio Franceschini, nei giorni che ne commemoravano la morte: …«in verità se ci fu persona che sia andata al mondo povera, sorridente, disarmata, per ripetergli a gran voce che Gesù è risorto perché tutti potessero risorgere con lui, questa fu Giorgio La Pira. Anche nella storia umana, inesorabile nella condanna di uomini ed idee, egli camminò sempre – come i profeti – cinquanta passi davanti agli altri, spesso oltraggiato, deriso; ma sempre sicuro e sorridente. E la storia gli ha dato sempre ragione. Perché egli era ambasciatore di Cristo risorto».

San Francesco non potrebbe essere più che felice di poter scorgere, in un suo degno figlio, questa testimonianza che anche lui stesso visse sperimentando nella sua stessa carne i segni della Pasqua del Figlio di Dio – non della sola passione! Ricordiamo che il dono delle stimmate sono frutto della supplica di Francesco a porre nella sua stessa esistenza il dolore e l’amore del Cristo che nella Pasqua di morte, di risurrezione, di eucaristia e di servizio si specificò nella sua esistenza storica – canto di risurrezione del Cristo che da senso alla storia e dunque alla vita degli uomini. Concludo con queste significative espressioni del Professore a riprova che, per scriverle, evidenziano lo spessore mistico dell’uomo di Dio, e nell’attuarle, rivelano la necessità dell’uomo di fede di porsi dentro la storia: «Bisogna fuggire dall’aristocrazia di certe solitudini e di certi silenzi disincarnati, anche disumani, per recuperare il senso ed il segno di Dio nel tumulto della sofferenza e dell’angoscia dell’uomo».