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In Cina la politica del figlio unico sta portando al suicidio demografico
A questi aborti a cui sono state obbligate, anche al settimo mese, le donne che avevano già un figlio si devono aggiungere 516 milioni di interventi di sterilizzazione per chi aveva già esaurito, per cosi dire, il numero di figli che lo stato mette a tessera. Più infine i tanti interventi di legatura delle tube per la donna o della vasectomia per l’uomo nel caso che una coppia abbia già due figli.
La campagna per il figlio unico in Cina è stata anche una colossale impresa economica e burocratica, l’ultima delle grandi campagne di massa di stile maoista e l’ultimo vero piano pluriennale di un comunismo senile che ha deciso di pianificare la produzione di vite umane quando non riusciva più a pianificare la produzione del riso e delle biciclette. Nel perfetto stile degli infiniti enti di pianificazione di quello che una volta era il socialismo reale la Commissione cinese per la pianificazione familiare ha avuto alle sue dipendenze ben cinquecentomila funzionari che con l’aiuto di due milioni di dipendenti hanno avuto il compito di sorvegliare il ventre di centinaia di milioni di donne cinesi, di scoprire le loro seconde gravidanze, di indagare sulle loro assenze dal lavoro o sui loro trasferimenti quando cercavano con questi stratagemmi di partorire di nascosto una seconda volta, di cercare di fare abortire il secondo figlio una volta scoperto e infine di multare ogni donna recidiva che comunque riuscisse a portare a termine la sua gravidanza.
A parte la deroga concessa alle donne contadine di potere partorire di nuovo nel caso che avessero già dato alla luce una femmina (come se una bambina fosse un tentativo di vita umana non riuscito e quindi considerato come abortito) in genere la seconda nascita, quando non è evitata con un aborto, è sanzionata con una multa che, anche se è pagata in yuan, è equivalente a diverse migliaia di euro che costituiscono pur sempre per un cinese un capitale. Così la cosiddetta campagna per la pianificazione familiare è stata anche un grande affare per le finanze dello stato cinese. He Yafu, uno studioso di demografia di Canton che è fra coloro che si oppongono a questa violazione della libertà delle famiglie da parte dello stato, ha calcolato che il governo cinese incassa ogni anno 20 miliardi di yuan (qualcosa come due miliardi e mezzo di euro) dalle multe pagate da chi ha un secondo figlio.
Ora comunque anche in Cina, dopo gli aborti e le sterilizzazioni di massa, dopo la tassa sul secondo figlio, dopo l’invasione brutale nella vita familiare di ogni cinese, ci si comincia ad accorgere che l’obbligo del figlio unico ha provocato anche un mezzo disastro demografico. Dopo più di trenta anni di politica del figlio unico si scopre che quarantadue cinesi su cento hanno più di sessantacinque anni, che cioè quasi metà del miliardo e trecento milioni di cinesi è fatto di vecchi. Mancano i giovani che dovevano nascere dopo il 1980 e a cui non è stato dato il permesso di nascere. Così la Cina rischia di diventare una immensa casa di riposo senza assistenti e figli paganti per il domani. In confronto l’India, l’altro grande colosso asiatico, è un giardino di infanzia con metà della sua popolazione al di sotto dei venticinque anni.
E anche in Cina ora ci si domanda se per caso non si sia sbagliato tutto e se valga perfino la pena di diventare domani ricchi quando si sarà diventati quasi tutti vecchi. Intanto, seppure procedendo con molta cautela, è stato dato un primo segnale sopprimendo la Commissione per la pianificazione familiare a favore del Ministero della Sanità.