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E adesso nessuna attenuante per la classe politica
Anzi, le dimissioni sottoscritte dal Presidente uscente la mattina stessa del giorno del giuramento hanno consentito di anticipare l’inizio del secondo mandato, collegato al giuramento davanti al Parlamento in seduta comune, di più di venti giorni, in modo da far subito recuperare al presidente Napolitano non i poteri di formazione del Governo, che egli avrebbe comunque avuto, ma proprio il potere di scioglimento anticipato delle Camere, così da abbreviare, cioè, per l’appunto, il «semestre bianco», e da consentire al Presidente rieletto di procedere immediatamente alla formazione del nuovo Governo nella pienezza dei suoi poteri, a differenza di quanto accaduto dall’insediamento delle Camere fino a lunedì scorso, come egli non ha mancato di rimarcare nel corso del suo incisivo messaggio rivolto alle Camere subito dopo il giuramento.
In particolare, va sottolineato che, salvo un caso, l’esercizio del potere di scioglimento anticipato è legato all’impossibilità per un Governo di ottenere la fiducia dalle Camere in carica. In questa occasione, e a prescindere dal merito della soluzione individuata, il sistema politico italiano ha comprovato la propria fragilità fino ad investirne le istituzioni, come dimostrato, da ultimo, dal paradossale e sorprendente applauso (stigmatizzato subito dallo stesso presidente della Repubblica) rivolto a quelle dure critiche che Napolitano ha indirizzato, in primo luogo, di fronte a tutti i suoi possibili sforzi di persuasione su alcune riforme costituzionali e, specificamente, sulla legge elettorale (la cui mancanza Napolitano ha pesantemente quanto condivisibilmente definito «imperdonabile», ma, alla luce dei fatti, si potrebbe aggiungere irresponsabile), ha dimostrato proprio alla «sordità di forze politiche che pure mi hanno ora chiamato ad assumere un ulteriore carico di responsabilità per far uscire le istituzioni da uno stallo fatale».
Che non siano esprimibili, dalla classe politica, personalità infraottantenni, che non abbiano ancora esercitato quella carica, in possesso di quelle doti di equilibrio, saggezza, competenza, senso dello Stato, autorevolezza ed etica pubblica che il ruolo presidenziale richiede nella nostra forma di governo, questo è veramente una grave mancanza.
Il presidente della Repubblica ha avvertito le Camere che «se mi troverò di nuovo dinanzi a sordità come quelle contro cui ho cozzato nel passato, non esiterò a trarne le conseguenze dinanzi al paese», paventando, nella deprecata ipotesi, sue nuove, e stavolta non più discutibili, dimissioni, a conferma dell’eccezionalità, da lui stesso dichiarata, della sua rielezione e del momento storico che stiamo vivendo. È da ritenere che Napolitano userà fino in fondo sia la possibilità di dimettersi, sia la titolarità del potere di scioglimento anticipato, sia per indurre senz’altro il Parlamento a compiere riforma elettorale, riforma del bicameralismo e riforma del rapporto tra Governo e Parlamento, sia, nell’immediato, per formare un Governo che abbia la fiducia delle Camere.
L’uso pieno dei poteri presidenziali da parte di Napolitano, tuttavia, non necessariamente porta ad una riforma in senso presidenziale della forma di governo, nella consapevolezza che la partita non si gioca su di una sola persona. È, invece, l’intero sistema politico italiano che deve saper esprimere una classe dirigente veramente all’altezza della situazione (e qui i cittadini cattolici sono chiamati ad avvertire una responsabilità in più, data anche la non buona prova espressa finora anche dai politici e dai parlamentari che si richiamano, talora per comodo, a quella formazione): la rielezione ed il messaggio di Napolitano dimostrano, caso mai, quanto sia importante una figura presidenziale di forte garanzia, soprattutto in questa fase eccezionale, che deve essere di transizione ad una forma di governo, basata su di una nuova legge elettorale, con nuovi pesi e contrappesi. Bentornato, Presidente!