Opinioni & Commenti

Dalla parte di Samuele

DI FERDINANDO BATAZZIStampa e reti televisive ci hanno informati intorno all’uccisione di un bambino, in quel di Cogne. Per due mesi abbiamo letto e ascoltato le opinioni di cronisti e inviati, le attività investigative, i riscontri scientifici del Ris, i pronunciamenti dei Pm e quelli del Gip mentre lievitava un’attesa morbosa per conoscere il nome e il cognome dell’assassino. Su tutto il notiziario è calato il sipario del «primo tempo», ma si è subito riaperto per il «secondo». Tuttavia in questo sconvolgente delitto è rimasta poco esplicitata o perlomeno non più di tanto, la vittima. Un bambino di tre anni, Samuele, creatura innocente come un angelo e che esige il riconoscimento del suo inalienabile diritto alla vita. È questa vindicatio che ci deve porre tutti dalla parte di Samuele come il Dio della creazione che sta dalla parte di Abele, vigliaccamente massacrato da Caino.Dio non fa tante inquisizioni. E nemmeno accusa. Pone una domanda a Caino: «Dov’è Abele, tuo fratello?». Non mette prima la natura, ma la persona, perché nessuno è anonimo davanti a Dio. Dio chiama per nome, perché «uno solo è il Padre e voi tutti siete fratelli». Fratello nell’ordine della natura creata che è più forte di quello della parentela biologica. L’omicidio, nel codice penale, è reato. Per la divina rivelazione è peccato terribile «che grida dalla terra al cielo». La quinta «parola» del Decalogo biblico è posta in negativo (non ucciderai) ed implica, nel rovescio, l’istanza positiva, necessaria, per conservare e promuovere il valore-bene, fondamentale, quale è quello della vita nella sua totalità personale e altrui che esige, per volere del Padre, amore e rispetto. Da qui tutte le responsabilità. Per questo siamo dalla parte di Samuele.Samuele è un bambino. E se fosse un vecchio, cambierebbe qualcosa? L’età è una categoria dell’essere. Quello che vale è la persona che, nel pensiero cristiano, si definisce come relazione all’altro, agli altri, a Colui che è totaliter aliter: Dio.

Il primo libro della Bibbia dimostra una constatazione inoppugnabile: nel Paradiso della grazia e dell’innocenza, non ci sono omicidi. Dopo il primo peccato, aversio a Deo, dei progenitori comincia la storia della violenza. Ancora una ragione per stare dalla parte di Samuele.

Un cattolico credente deve tenere due occhi aperti: uno sulla Parola di Dio e uno sulla Parola del Magistero della Chiesa. Non si possono dimenticare le parole di Pio XII, 29 ottobre 1951, rivolte alle ostetriche. Dice il papa: «Uno è il bambino, anche non ancora nato, allo stesso grado e per lo stesso titolo della madre. Quindi non vi è nessun uomo, nessuna autorità umana, nessuna scienza… che possa esibire o dare valido titolo giuridico per una diretta deliberata disposizione sopra una vita umana innocente».

Dalla parte di Samuele vuol dire non solo no all’aborto, no alla fecondazione artificiale eterologa e al tempo stesso sì alla tutela dell’embrione nelle tecniche di fecondazione assistita; assicurazione al diritto di nascere del concepito. Vuol dire difendere e promuovere il diritto alla vita in tutto l’arco dell’esistenza umana, iniziando dal riconoscimento della capacità giuridica di ogni essere umano fino dal concepimento.

Dalla parte di Samuele si dovranno porre i legislatori, ora che la «dolce morte» si è affacciata all’orizzonte europeo. Ridare alla morte la sua dignità, oggi più che mai, per ragionevoli esigenze di guarigione, espatriata dalle case, poiché il vero problema umano è il morire, il dover lasciare tutto, persone care e cose care. È disumano lasciare il malato solo. Il malato terminale lo si dovrà aiutare nella sofferenza e nell’angoscia, con gli analgesici, anche se generano uno stato soporoso e di minore lucidità; anche se possono far perdere la conoscenza nel momento della morte, purché il malato abbia la consapevolezza del proprio morire.

L’accanimento terapeutico, o approccio palliativo, può cedere il passo dopo aver fatto quanto scientificamente e umanamente era possibile. Lasciar morire non è uguale a uccidere. Omicidio è l’eutanasia volontaria, diretta o su richiesta della persona malata o per iniziativa di coloro che circondano il malato. È ipocrita la giustificazione esterna «così ha finito di soffrire», perché, in concreto si vuol dire che ci siamo liberati da un patire ormai insopportabile. E nemmeno consentire al malato l’autonomia della decisione come «libertà estrema» perché coinciderebbe con un suicidio assistito.

All’interno del mistero della Chiesa, molto prima della liturgia dei defunti, c’è un sacramento per gli infermi (termine preciso) che risale agli Apostoli, fatto per chiedere la guarigione, per lenire le sofferenze, per consolare la solitudine, per rimettere i peccati, per associarsi alle sofferenze di Cristo Crocifisso e abbandonarsi, con amore filiale, alla volontà del Padre.Quando mio babbo era vecchio e acciaccato intesi buttar là il pensiero del morire. Il babbo mi rispose: «Quando il Signore vorrà. Io sono pronto».Anche questo è dalla parte di Samuele.