Opinioni & Commenti
Quei documenti del Concilio incartati nella «Pravda»
Chi aveva conosciuto il peso oppressivo dell’ateismo in Urss, non tanto sulle descrizioni libresche, quanto nella quotidianità della vita popolare, non aveva ragione di sorprendersi. Se non per i tempi in cui l’evento liberatorio era accaduto. Tempi più rapidi del prevedibile per l’inevitabile crollo culturale, prima ancora che politico ed economico, dell’impalcatura sovietica.
Invero già nel 1936, in pieno e crudele fulgore staliniano, Jacques Maritain aveva previsto la caduta. Il grande filosofo cattolico francese autore de «L’umanesimo integrale», a cui il Concilio affidò il messaggio della Chiesa agli uomini di cultura, proprio nel 1936 aveva trovato, non so dove, una lettera di Lenin a Clara Zetkin che diceva: «la decadenza dei costumi non ha nulla di rivoluzionario, anzi è un prodotto della decadenza borghese». «Verrà il giorno che un successore di Lenin commentava Maritain nel 1936 proclamerà, a maggior ragione, che l’ateismo non ha nulla di rivoluzionario anzi è un prodotto della decadenza borghese».
E ci sembrò che quel giorno era già venuto quando vedemmo i due slavi, Mikhail Gorbaciov e Karol Wojtyla, le mani protese a sfiorare un futuro diverso. Con la promessa mantenuta del successore di Lenin di abolire l’ateismo di Stato e riconoscere libertà di fede e di coscienza. È probabile che tutti, a cominciare dai due slavi, ci aspettassimo che la liberazione assumesse ben altri ritmi ecumenici ed altri tempi di attuazione. Invece le complicazioni sono venute più che dalle relazioni internazionali dai rapporti interecclesiastici.
I testi in russo arrivarono, a stretto giro di posta diplomatica dal Vaticano. Nikolai si precipitò da Leningrado. Accarezzava i volumi con le mani e con lo sguardo. «Noi ortodossi siamo costretti a non sapere che cosa pensano e che cosa fanno gli altri cristiani». «Prendi tutto». «Non posso uscire con tutto questo materiale, verrò a prenderlo a rate, ma ti prego preparami molte copie della Pravda».
Per una settimana Nikolai tornò ogni sera. Avvolgeva nella Pravda un documento del Concilio, un’enciclica papale, una copia dell’Osservatore. Salutava deferente il miliziano di guardia esibendo la Pravda sotto ogni braccio. Così da Mosca a Leningrado, anzi San Pietroburgo. Quando nessuno temeva proselitismi e arroganze e tutti aspettavamo nuove terre e nuovi cieli. Come aspettano anche adesso, nonostante tutto, i buoni cristiani di ogni parte. Ne sono certo. Con Anatoli e Nikolai.