Opinioni & Commenti
Immigrazione, uno scenario complesso
Per usare una vecchia terminologia su questo tema «destra politica» e «destra economica» fanno spesso a pugni. La paura degli immigrati fa proseliti nei settori più popolari, compresi gli operai, che vivono a contatto con i nuovi venuti nelle periferie di città come Marsiglia, Amsterdam, Rotterdam, Anversa dove oramai gli extracomunitari rappresentano oltre un terzo della popolazione. Al contrario sono proprio gli imprenditori che sempre più spesso chiedono di allargare il rubinetto dell’immigrazione per trovare manodopera per quei settori come l’edilizia, i lavori agricoli stagionali, le fonderie, le concerie o le vetrerie in cui i lavoratori nazionali non vogliono più entrare anche a costo di rimanere disoccupati.
Il problema non è solo contingente, ma anche di prospettiva su uno scenario di decenni. In Europa, e in particolar modo in Italia, la diminuzione delle nascite e il prolungamento della vita media prefigurano nel futuro una società in cui, con la prevalenza del figlio unico, scompaiono i fratelli e i vecchi riescono sempre meno a diventare nonni. In questo quadro le varie proiezioni più o meno preoccupate del futuro prevedono una iniezione endovenosa di immigrati per fornire forza lavoro al posto dei giovani sempre più insoliti e per potere pagare la pensione ai vecchi sempre più fitti. Addirittura, poiché una popolazione ricca di anziani e povera di adulti provoca inevitabilmente una diminuzione della popolazione attiva sul totale degli abitanti, qualora si voglia mantenere in futuro il tenore di vita medio attuale, la proporzione degli immigrati è prevista nelle dimensioni di una overdose capace di mettere in discussione le identità nazionali attuali.
Tutte queste ipotesi tuttavia presuppongono una serie di condizioni difficilmente prevedibili ed attuabili già nel presente e nel futuro prossimo. Perché gli immigrati possano pagare le nostre pensioni è necessario che versino i loro contributi e che non vengano fatti lavorare prevalentemente in nero come accade ancora nel nostro paese dove solo un extracomunitario su tre è assunto regolarmente.
La quantità di immigrati che giunge nei paesi europei è inoltre solo una parte determinata dal motivo della ricerca di lavoro. Per una buona percentuale è motivata dalla richiesta di rifugio politico o di ricongiungimento familiare. Il che fra parentesi dovrebbe ricordarci che l’«affare», immigrazione non può essere visto solo come una moderna tratta di uomini più o meno colorati che vengono a lubrificare il nostro modello di sviluppo più o meno arrugginito, ma anche come un dovere morale imposto dal rispetto dei diritti umani e dal richiamo della solidarietà.
Queste considerazioni dovrebbero spingerci a non prendere in considerazione il fenomeno della immigrazione solo come una riserva di lavoro a buon mercato che da un lato dovrebbe consentirci di rassegnarci a declino e alla crescente sterilizzazione della famiglia europea e dall’altro a consolarci con una impropria valutazione delle immigrazioni come un semplice mercato di braccia meno stanche delle nostre.
È anche vero che appena si esce dall’ambito dell’osservazione triste ma pur sempre provinciale di alcune degradate realtà locali e si guarda anche sommariamente al panorama europeo ci accorgiamo che il peso dell’immigrazione nella nostra penisola appare ancora ampiamente ridimensionato. Il milione e passa di immigrati del nostro Paese che corrisponde al due per cento della popolazione italiana è pur sempre ben poca cosa al confronto degli otto milioni della Germania, dei quattro milioni della Francia, dei tre milioni della Gran Bretagna e delle percentuali di immigrati dell’Austria, dell’Olanda e del Belgio che in qualche caso si avvicinano al dieci per cento del totale della popolazione.
Ma sarebbe anche ingiusto negare che esista un problema di sicurezza legato al fenomeno immigrazione. Il fatto che i detenuti delle nostre carceri siano per un terzo extracomunitari, il fatto che per alcuni reati come lo sfruttamento della prostituzione e le rapine oltre la metà degli imputati sia di provenienza straniera stanno a significare che esiste un nesso anche fra un certo tipo di immigrazione e un certo tipo di criminalità. Ma, al contrario di una opinione corrente che tende a vedere in ogni albanese un bandito e in ogni nigeriano un magnaccia, è vero invece che proprio l’immigrazione clandestina nel momento in cui priva del permesso di soggiornare, fa necessariamente di un immigrato un balordo incapace di lavorare e un emarginato telecomandabile con ogni tipo di ricatto. Il che significa in effetti che la lotta contro l’immigrazione clandestina, unita all’accoglienza verso chi giunge per motivi di lavoro, per persecuzioni politiche o per ricomporre una famiglia, è doverosa non solo per la sicurezza del cittadino, ma anche per il rispetto e la tutela della libertà e della dignità degli immigrati stessi.
In realtà dentro una certa concezione fondamentale del multiculturalismo è impossibile mantenere l’identità culturale tradizionale e fondante di un popolo. Sotto questa angolatura sarebbe difficile in Italia mantenere per esempio, nella scuola l’insegnamento della Divina Commedia (con il suo canto ventottesimo canto dell’inferno che condanna Maometto e Alì fra gli scismatici) e perfino un’opera così cristianamente centrata come I promessi sposi per non parlare della Gerusalemme liberata. Allo stesso modo nella storia è improponibile persino la periodizzazione fra Medioevo e Rinascimento che non ha alcun senso per la cultura islamica. Lo stesso si dice per l’insegnamento del diritto con la sua teorizzazione della laicità dello stato, della libertà religiosa con la leicità della conversione, della parità e della comunione dei beni fra i coniugi e via dicendo.