Opinioni & Commenti

Toronto, un appuntamento per ridare la carica

DI GABRIELE BANDINIresponsabile della pastorale giovaniledella diocesi di Fiesole

«Vai a Toronto?». In questo periodo quando incontro dei giovani in un contesto ecclesiale questa è la domanda che più di frequente mi viene rivolta. Non c’è dubbio, infatti, che la Giornata mondiale della gioventù, soprattutto dopo Roma, sia diventata per il mondo giovanile un punto di riferimento, anche per coloro che non vi partecipano. Ricordiamo tutti l’eco che Tor Vergata lasciò dietro di sé e il grande impegno degli opinionisti per decifrare un avvenimento che colse tutti di sorpresa, cattolici compresi, svelando un volto inedito dei giovani. Chi s’impegna da anni nella pastorale giovanile ha potuto constatare come il Giubileo dei giovani abbia destato maggiore attenzione ai giovani e alla loro formazione.

Credo che attualmente la pastorale giovanile non si debba esaurire con la «Gmg» ma che non possa neppure prescindere da questa e dal suo messaggio. Si tratta di trovare un giusto rapporto tra questi eventi e la pastorale ordinaria che sintetizzerei nella necessità di un cammino che permetta il passaggio «dall’esperienze all’Esperienza», vale a dire un itinerario verso l’incontro personale con il Signore Risorto. Ciò è garantito da un cammino che ha come momenti fondamentali il gruppo, i campi estivi e gli Esercizi spirituali.

Un’azione pastorale rivolta ai giovani deve essere pensata e organizzata, ma mai affidata solo ad un gruppo di «specialisti» o limitata ad eventi particolari: se i giovani sono il nostro futuro non possono non stare al centro delle premure, della preghiera e della vita ordinaria di tutta la comunità e di tutti i battezzati. I nostri vescovi negli ultimi Orientamenti pastorali ce lo ricordano: nei confronti dei giovani «le nostre comunità sono chiamate a una grande attenzione e a un grande amore» (n.51).

Tutto questo richiede, a mio parere, alcuni atteggiamenti fondamentali che non sempre vengono espressi nel nostro rapporto coi giovani: anzitutto la capacità, non solo teorica, di mettersi in discussione e rinnovarsi. Non è tanto il numero d’iniziative che si fanno per loro che ci deve preoccupare quanto quello che siamo come Chiesa, quale Vangelo incarniamo nel nostro stile di vita, cosa comunicano le nostre liturgie, quanto Gesù è realmente presente e trasparente nei nostri pensieri, nei nostri sentimenti, nelle nostre azioni. È su questo e sulla nostra coerenza che i giovani sono particolarmente esigenti.

Ribadito il primato dell’essere sul fare, la pastorale giovanile richiede, oggi come sempre, fantasia e creatività. Non quella della novità a tutti i costi, ma quella dello Spirito e delle sue invenzioni. Nuovi ambienti vitali e nuove tecnologie impongono nuovi linguaggi e nuove modalità di presenza: notte, musica, sport, internet, solo per dirne alcuni.

Fedeltà al Vangelo e alla Tradizione non vuol dire fare quello che si è sempre fatto e come si è sempre fatto. Contrariamente agli altri non mancano alla Chiesa le cose da dire e i messaggi da veicolare, dobbiamo però imparare meglio come farlo. Forse lo «spazio» che ci ha trovati meno impreparati è quello «virtuale» che tuttavia richiede l’attenzione costante di condurre alla realtà e all’incontro concreto tra persone, senza il quale non si dà vera trasmissione della fede.

Un altro atteggiamento di fondo è la gratuità: guai se ci impegnassimo solo in quelle cose in cui sappiamo di riuscire, guai se ci bloccasse la paura del fallimento o dell’inutilità. La fiducia nell’azione dello Spirito e la consapevolezza di dover talora «perder tempo» stando coi giovani devono essere due costanti della nostra azione pastorale.

Penso che sia importante impegnarci per una pastorale giovanile (e quindi per una Chiesa) che di fronte ai giovani, sia capace di suscitare domande più che dare facili risposte; di ascoltare prima di parlare; di mostrare più che indicare; di comprendere e accogliere senza scandalizzarsi più che giudicare; di fare proposte radicali e forti ma senza lasciare indietro nessuno; di camminare con loro più che di stargli davanti; di portare all’incontro con Cristo, luce del mondo.

Queste, a mio avviso, alcune delle sfide che ci attendono: l’incontro di Toronto darà ancora nuovi spunti e nuovo entusiasmo da riversare nella vita ordinaria delle nostre diocesi.Appuntamento a Pisa per i «Toronto boys»Una Toronto sulle ApuaneI giovani? Andiamo a cercarli