Opinioni & Commenti

Il volontariato e il malessere del consumo

di Bruno FredianiNei giorni passati la Toscana ha ospitato due eventi importanti: la Conferenza nazionale sul volontariato, ad Arezzo, e una serie di incontri sulla Cooperazione allo sviluppo organizzati dalla Regione in collaborazione con le Ong (Organizzazioni non governative) e con gli enti locali fino al seminario di martedì scorso tra i rappresentanti della Regione, le diocesi e gli istituti religiosi.Dal punto di vista pratico e organizzativo i due fatti non hanno nulla in comune; dal punto di vista culturale e di prospettiva potrebbero, invece, avere molti aspetti da condividere.

Il volontariato ha, nel nostro Paese, un ruolo insostituibile nell’offerta di servizi a quanti si trovano in stato di necessità ed ha rivendicato, anche ad Arezzo, rispetto alle autorità di governo un maggior ruolo politico, chiedendo di poter partecipare ai tavoli dove si decidono le politiche sociali.

Le Ong, che operano nell’ambito di progetti per lo sviluppo di comunità povere, chiedono, in presenza anche di un impegno sempre più esiguo dello Stato nel settore, di essere sostenute dalle Regioni e dagli enti Locali nei progetti di scambio e cooperazione tra comunità e territori del nord e del sud e dell’est europeo, dove i regimi comunisti prima e le guerre poi hanno distrutto tante potenzialità di sviluppo.L’uno e l’altro evento hanno visto la partecipazione anche di molte persone e organizzazioni legate alla Chiesa, la quale, a sua volta, celebra questa domenica la Giornata missionaria.

I convegni, gli incontri e le giornate servono a riproporre alla comunità ampia temi, problemi e fenomeni e a dare visibilità e credibilità a quanti vi operano, ma anche ad individuare, magari nel confronto tra vari soggetti, linee di programmazione per il futuro.

Qualcuno, sia dall’interno che dall’esterno, tenta di circoscrivere il ruolo del volontariato a semplice erogatore di servizi assistenziali, delle Ong alla promozione di progetti di sviluppo nei paesi del Sud del mondo, e quello delle Chiese all’azione missionaria e di proselitismo.In realtà le sfide sono assai più ampie ed importanti: molti dei destinatari degli interventi di assistenza sono persone e famiglie provenienti da paesi poveri in favore dei quali si fanno progetti di sviluppo e azioni missionarie, ma verso i quali sta crescendo, qui da noi, l’atteggiamento di rifiuto e di emarginazione espresso anche da leggi condivise e volute da ampi settori della società; buona parte della cooperazione è rivolta a paesi impoveriti dalle guerre, alle quali non sono estranei i nostri paesi, e ancora sono in corso conflitti e se ne stanno progettando altri.Volontariato, Ong e Chiese debbono rifiutare il ruolo di faccia buona di una società che nel suo insieme è cattiva e crudele, e di ambulanze della storia che curano i feriti di un sistema che non riescono o non vogliono modificare.Alla nostra società che ha identificato il benessere nell’ampia possibilità di consumare, dovranno dire che in realtà questo modello di sviluppo sta producendo malessere; alla nostra gente che chiede sicurezza, dovranno dire che questa è frutto dell’accoglienza e del dialogo e non del rifiuto, a quanti affermano che le guerre servono a portare stabilità e pace nel mondo, dovranno replicare che questa affermazione è falsa.

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