Opinioni & Commenti

Un corretto rapporto con la natura

di MARCO LAPII pellegrini che d’ora in poi si recheranno sulla spiaggia, al termine del «camino» di Santiago di Compostella, raccoglieranno conchiglie piene di poltiglia nera e il nome Finisterre, anziché descrivere il limite occidentale d’Europa, evocherà piuttosto scenari apocalittici. Non si può non pensare alla fine del mondo, infatti, nel vedere il mare trasformato in un tetro manto di morte per l’ennesima petroliera spaccata in due. Una tragedia da non dimenticare anche perché la Galizia, proprio per il posto che riveste nella geografia del cristianesimo, è troppo «vicina» per non considerare profondamente nostro il dramma che sta vivendo.

Ma c’è un altro motivo per cui l’ennesimo scempio ambientale è da prendere decisamente sul serio. La questione ecologica, ormai, non è seconda a nessun altro grande problema odierno: anzi, dal clima che cambia all’aria irrespirabile, ci tocca più direttamente di tanti altri drammi. E non è che ci trovi insensibili, almeno sulla carta. Già venti anni fa, secondo una ricerca sociologica, l’ecologia era il valore più condiviso dagli italiani: tuttavia, e qui sta il problema, a questo non corrispondevano stili di vita conseguenti. Tutti bravi, insomma, a dire che le fabbriche inquinano e che siamo sommersi dai rifiuti, assai meno a rinunciare alla macchina e a distanziarsi un minimo dalla società dello spreco.

Due recenti iniziative hanno evidenziato come anche nella nostra regione sia profondamente necessario un «ripensamento» in chiave ambientale. L’indagine sull’«Ecosistema urbano 2003» di Legambiente ha evidenziato la lontananza di molti nostri capoluoghi dalle prime posizioni della graduatoria nazionale. Per contro, il convegno conclusivo dell’anno delle montagne organizzato dalla Regione ha messo in risalto le nuove potenzialità economiche e sociali che sembrano affacciarsi anche nei paesi in quota, dove non a caso il calo di popolazione appare oggi più contenuto, se non ancora arrestato.

C’è però il problema di garantire servizi capaci di migliorare le locali condizioni di vita e, in questo senso, la nuova attenzione emersa verso i piccoli centri sia a livello nazionale (con la proposta di legge promossa proprio da Legambiente), sia regionale (con analoghe iniziative di sostegno) sembra decisamente incoraggiante. La montagna, infatti, non può essere vista solo come «parchi giochi» estivo o invernale ma neppure come ambiente da mettere necessariamente sottochiave, secondo un certo estremismo ambientalista. Le aree montane possono tornare a vivere se vi si può tornare a vivere, in un corretto rapporto con la natura ma senza pagare pedaggi esagerati rispetto a chi sta in città. Città che, tra parentesi, si spopolano sempre più senza che peraltro a questo si accompagni un minimo miglioramento della qualità della vita, perché restano ancora poli di enorme attrazione economico-occupazionale, quindi calamite di traffico.

Il miglioramento dell’ambiente, in Toscana, è dunque anche legato al ripensamento del territorio e a una sua migliore gestione. Il futuro non è dei grandi centri ma è da ricercare in un’ulteriore ridistribuzione di popolazione e attività produttive, cui anche le nuove tecnologie possano contribuire. E diventa allora ancor più paradossalmente attuale – o, se si vuole, profetico e incoraggiante – il fatto che Nostro Signore sia nato in una grotta alla periferia della più piccola delle città di Giuda.

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