Opinioni & Commenti

Se il laicato è assente nell’impegno sociale

di Pier Antonio GrazianiEsiste ancora il laicato? Operoso nelle Parrocchie e nelle Diocesi, raramente mette fuori la testa altrove; al massimo, assiste, ora guardingo ora indifferente, all’agitarsi di movimenti che gli appaiono, e forse sono, esclusivi.Eppure i laici, nell’economia del rapporto con la scuola sociale cristiana, hanno un compito non indifferente. Nell’enciclica «Sollecitudo rei socialis» Giovanni Paolo II disegnava i confini della scuola sociale cristiana e la metteva al di sopra, come terza via fra collettivismo e liberismo. Apparteneva alla Chiesa l’indicazione delle strutture di peccato e a ciascuno, nel proprio ordine, di contribuire ad eliminarle. Il laicato era implicitamente chiamato, più che a propagandare il testo dell’Enciclica a digerirlo perché c’era implicito un compito che lo riguardava.

Contribuire alla soluzione dei problemi definiti dal Papa «strutture di peccato» (allorché toccano la dignità umana, se non addirittura la stravolgono) chiamava a raccolta i laici perché era compito loro agire anche nel politico ispirandosi ai principi della scuola sociale cristiana.

Sembrerà strano, ma il laicato si era dimostrato più sensibile a questo compito quando il Concilio Vaticano II non aveva ancora fissato fino in fondo i criteri di laicità della politica e la conseguente autonomia del laicato in questo settore.

La cattolicità europea del dopoguerra, ad esempio, era innervata di elaborazioni culturali da parte di grandi scuole e di grandi uomini di pensiero, espressioni a loro volta di un ambiente sollecitante. Il campo (l’ambiente) consentiva alle messi di nascere e svilupparsi. Gli uomini e le scuole culturali provvedevano al raccolto e a farla fruttificare trasformandolo.

Constatata una sensibilità ridotta del laicato rispetto a prima del Concilio per compiti non parrocchiali, basterà guardarsi intorno per accorgersi di assenze che colpiscono: ad esempio la cultura della solidarietà poiché la lasciano alle supplenze (di grande merito in sé poiché si tratta di cosa necessaria) del volontariato. Anzi è proprio la diffusione del volontariato, non sembri un paradosso e neppure una stupida mancanza di rispetto, a mettere in evidenza la debolezza dell’impegno del laicato in altri settori a cominciare dalla politica.

È quasi inevitabile, allora, che le stesse prese di posizione della Gerarchia appaiano come supplenze, in politica, di un laicato assente. L’atomizzazione della società, che rischia di svuotare la stessa democrazia dei suoi compiti equilibranti, il localismo senza solidarietà, per non ricordare altro, sono lì. La Chiesa lo sa e lo denuncia, ma non sarà tempo che nel laicato riprenda vigore la riflessione sociale, e politica, su quel che gli capita intorno?