di Umberto FolenaNon c’è due senza tre. Purtroppo. Cioè, la terza parte del Padrino non fu poi male. E tutti stiamo aspettando spasmodicamente la terza puntata di Terminator e del Signore degli anelli. Eccezioni. Perché tra capo e collo ti arriva la terza dose, letale, del Grande fratello e finisci per pensare un pensiero cattivo, assai poco solidale: beati i figli unici. Ma ecco, ci stiamo ricascando. Sparare sul Grande fratello è troppo facile. Come sparare sulla Croce Rossa o, più toscanamente, sulla Misericordia. Roba da critici snob. Ogni giovedì sera il Grande fratello colleziona sette milioni di televisori accesi; su quel che fanno i telespettatori mentre il loro apparecchio luccica, non osiamo immaginarlo. Comunque, sette milioni di lettori vorremmo averli noi. Quindi mettiamoci d’impegno, improvvisiamoci docili critici di regime e sforziamoci di parlar bene del Grande fratello parte terza. A cominciare dalla nuova conduttrice, Barbara D’Urso, che con questo programma dà una decisa sterzata alla sua carriera: speriamo abbia un buon air-bag. E poi il paladino della più schietta toscanità, Raffaello, uno che ricopiamo devoti dal sito ufficiale è andato al GF «per trascorrere un inverno in modo diverso dal solito»: e noi bischeri che invece si va a lavorare (come al solito). Pare che a Piombino siano orgogliosissimi di costui: dall’entusiasmo, il 50 per cento della popolazione ha chiesto d’essere iscritta all’anagrafe di comuni limitrofi. Il cast presenta il meglio del popolo italiota, uno spaccato da lasciare il Censis a bocca spalancata: pare che De Rita, al termine della prima puntata, sia rimasto a mascelle sgranate e che l’équipe di specialisti convocati d’urgenza dalla famiglia non sia ancora riuscita a fargliele richiudere. Floriana, «un litro e mezzo in una bottiglia da un litro»: praticamente un fiasco. Claudia, la cui massima aspirazione è aprire un chiosco su una spiaggia di Santo Domingo: perché non incoraggiarla, se serve a togliercela di torno? E poi gli intellettuali: Andrea, «scultore d’ombre», il cui problema è la materia prima. Raffaello, ancora lui, che legge Freud e Jung (si dice «iung», non «iang»: attento). O Manuela, che partecipa per «curiosità filosofica». Ecco, ci abbiamo provato. Che dici, Piersilvio, ci meritiamo un invito come figurante a Cologno Monzese?