Opinioni & Commenti
La pace di Pietro
Nel suo ardore trascinante, riconosciuto da tutti, nelle sue preghiere e nel digiuno, non guardava alla pace come ad utopia, ma ha promosso atti concreti, ha indicato un cammino ben preciso da percorrete. Su di esso si è snodata l’azione di Giovanni Paolo II. Con gli appelli accorati, ma anche con colloqui diretti con i responsabili delle nazioni: mentre il cardinale Etchegaray cercava di far breccia presso Saddam Hussein, il cardinale Laghi bussava alla porta di Bush. E la Santa Sede diventava una tappa obbligata per capi di governo e ministri: da Aznar a Blair, da Berlusconi a Tarek Aziz, a Fisher, al segretario generale dell’Onu, Kofi Annan.
Mai deponendo, come ha sottolineato il cardinale Ruini, la speranza a ricreare la solidarietà tra le nazioni. La crisi dell’Onu, il deterioramento delle relazioni internazionali, rischio di uno scontro tra civiltà e religioni che finora grazie alla sua pedagogia della pace è stato evitato non possono che aggravare le ingiustizie che sono, con l’arroganza dei potenti, il più grave attentato alla pace. Serve, più che mai, la conversione dei cuori. È, appunto, quella normalità della pace, e quella condanna definitiva della guerra, che il Papa lega alla presenza di un’istanza internazionale superiore condivisa da tutte le nazioni e che operi per un’autentica giustizia.