Opinioni & Commenti

La crisi di una politica che si nutre di slogan

di Alberto MigoneLa situazione del nostro Paese, secondo il Cardinale Ruini, rimane senza dubbio complessa, caratterizzata com’è da vari problemi «alcuni ben noti e anche enfatizzati» altri «meno percepiti ma non per questo meno reali e potenzialmente pericolosi». Le riforme istituzionali, necessarie, ma mai affrontate con la dovuta serietà e «le tensioni tra Governo e magistratura con i ritardi nell’amministrazione della giustizia, punto dolente della nostra vita civile» sono nodi da troppo tempo irrisolti. A questi si aggiungono, con forte accentuazione, «un impoverimento di larghe fasce della popolazione, determinato dal crescente costo della vita», mentre «l’aumento dell’occupazione non ha ancora inciso, in maniera significativa, sulle aree, soprattutto meridionali, nelle quali è più dura la mancanza di lavoro». Senza contare che «il caso Parmalat, esploso in maniera improvvisa, ha messo a nudo una inaspettata vulnerabilità del nostro sistema imprenditoriale e finanziario».

Tutto questo può condurre a una conflittualità sociale dagli esiti perniciosi. Di fronte alla gravità dei problemi, che emerge dalla relazione di Ruini che auspica «consapevolezza e volontà diffusa» che necessitano nei tempi difficili, si evidenzia – a nostro giudizio – la persistente incapacità dell’attuale classe politica che è, al tempo stesso, causa e specchio di quel progressivo impoverimento che caratterizza la politica segnata dagli slogan più che dalle idee e dove scorrazza e trova credito chi ogni giorno accumula macerie.

Si determina così un diffuso clima di sfiducia che investe ormai tutte le istituzioni e che non aiuta a costruire. Certo in ambedue gli schieramenti vi sono forze politiche che sono espressione di una cultura che considera nota e stile qualificanti del governare la capacità di sintesi, la lungimiranza nell’affrontare i problemi, la ricerca paziente di punti di convergenza: però non riescono a imporsi, stretti in un maggioritario all’italiana che obbliga a compagnie eterogenee, ma necessarie per vincere.

Ma il rinnovamento non potrà venire solo dall’alto: anche la comunità cristiana deve fare la sua parte, principalmente il laicato che deve riscoprire il valore della politica e dell’impegno sociale che è poi dimensione tipicamente sua. Un impegno che, come è stato sottolineato in un recente convegno promosso a Lucca dalla Cet e rivolto ai giovani, esige cultura, formazione, competenza. Che potrà poi per alcuni tradursi in militanza, per altri esprimersi più semplicemente nel voto sempre più motivato e libero da schemi.

In quest’ottica la proposta, che sembra ampiamente condivisa, di abolire in Toscana nelle elezioni regionali la preferenza ci trova nettamente contrari, perché di fatto delegherebbe ancor più scelte importanti alle oligarchie di partito e ai poteri forti.

Prolusione di Ruini al Consiglio permanente della Cei (19 gennaio 2004) – formato .doc

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