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Lo scontro Bonolis-Ricci: noi, merce di scambio della tv del non ritorno

di Umberto FolenaLa rana, a furia d’ingoiare aria e farsi grossa, gonfia e tronfia, scoppiò. Bum. Da qualche tempo a pompare aria nel corpaccione della tv, già di per sé esagerato, sono Antonio Ricci e Paolo Bonolis, due tra i più efficaci cacciatori d’audience di Mediaset e Rai. La vicenda è nota e la riassumiamo per i pochi fortunati che da un paio di settimane sono riusciti a non guardare mai la tv, non leggere mai i giornali, non andare mai al mercato, non recarsi mai in ufficio… Insomma le claustrali e gli eremiti.

Bonolis, che già condusse a più riprese Striscia la notizia (Canale 5), passa alla Rai a condurre Domenica In e il giochino Affari tuoi, in concorrenza diretta con Striscia, insuperata campionessa della fascia preserale, riuscendo nell’impresa di affiancarla e superarla. Qui scoppia la guerra. Come sempre ha fatto, Striscia smaschera la finta tv-verità, rivela che i concorrenti sono finti, ossia attori di dubbio talento o figuranti a gettone, comunque compari e tutto è manovrato. Il meccanismo è lo stesso di tanti sedicenti reality show dove i «casi umani» sono interpretati da attorucoli, e tutto è fiction, una recita a soggetto. Bonolis replica per le rime e sopra le righe, respingendo le accuse con alcune prediche, una delle quali conclusa con un «vergògnati!» indirizzato a Ricci. Ricci alza il tiro, la Rai querela, entrambe le reti dedicano ai botta e risposta fette sempre più larghe della propria serata, i giornali s’adeguano, l’Italia si divide in due tifoserie… O no? Già, che ne pensa la gente?

Non si sa. Alla gente possiamo solo offrire alcune riflessioni e un parere, il nostro, con cui poter liberamente confrontare il proprio. Diciamo subito che se i duellanti la smettessero ci farebbero una cortesia, perché ci hanno stufato; anche se non la smetteranno finché gli ascolti aumenteranno. Qualcuno ha perfino azzardato che sia tutta una farsa, con i due d’accordo nella sfida proprio per drogare gli ascolti…

Ma perché gli ascolti (anzi lo share, ossia la percentuale di italiani che seguono una rete sul totale davanti alla tv) sono così importanti? Pare che ogni punto di share in prima serata valga 50 milioni di euro annui in pubblicità. Chiaro? È in gioco un mucchio di soldi. Per la storia della tv, la vicenda segna invece l’apice della tensione implosiva. La neotv, ossia la tv commerciale affermatasi in Italia negli anni Ottanta, tende a parlare di se stessa. È la tv che parla della tv, dei divi tv, dei programmi tv, a un’Italia sempre più convinta che, se non vai in tv, non sei nessuno. La tv non cerca più di rappresentare la realtà (paleotv), ma è la realtà.

Lo scontro Ricci-Bonolis, finito dritto nei tg, dentro la cronaca accanto se non prima di guerre, politica e crisi internazionali, è il punto di non ritorno della neotv, della sua nevrosi, del suo autocompiacimento narcisista.E noi? In realtà, alla fine il vero potere l’avremmo noi. La torta per cui litigano siamo noi telespettatori. E noi potremmo scegliere. Ad esempio di cambiare canale. O spegnere del tutto. Sarebbe l’unico vero modo per farli smettere: un calo dello share. Ma noi non siamo coscienti di questo nostro enorme potere, loro lo sanno e se la ridono. Vogliamo fargli versare qualche propedeutica lacrimuccia, vera? Il modo lo sappiamo, adesso. Clic.

Il sito di Striscia la notizia

Il sito della Rai

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