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Fisc: Gasparri non convince, ma la legge dà qualche speranza
Se oggi ci troviamo di fronte ad un duopolio Rai-Mediaset che ingessa il sistema e drena risorse a tutti gli altri media c’è un perché, come ha ricordato Bardelli, che con la sua TvLibera Pistoia è stato un precursore delle tv private. Tutto cominciò quando un ministro democristiano, Remo Gaspari, pronunciò per la prima volta la parola «concorrenza». La Rai cambiò pelle. Smise di essere concepita come un «servizio» per iniziare a competere con la tv commerciale, nata espressamente per il business. Nessuna forza politica ha mai avuto una visione diversa del problema. Si è sempre cercato un altro Berlusconi sul quale puntare, che si chiamasse Tanzi o Cecchi Gori o Tronchetti Provera poco importa. Oggi è tardi per intervenire. La politica non ha la forza sufficiente per districare il nodo gordiano degli interessi. Lo ha dimostrato il governo dell’Ulivo, incapace di vere riforme. E cosa ci possiamo aspettare da una maggioranza guidata dal proprietario della maggiore concentrazione editoriale? La speranza, secondo Bardelli, viene dalla tecnologia.
Il digitale scompaginerà le carte, permetterà alle piccole emittenti di crescere e di offrire nuovi servizi. Cambierà anche il modo di fruire della tv, perché quando potrò scegliere il programma tramite un menù interattivo si ridimensioneranno le rendite di posizione (come l’abitudine a guardare certi canali). La legge Gasparri non aveva questo fine, voleva solo salvare Rete4 dal finire sul satellite, come aveva sentenziato la Consulta. Ma nelle pieghe di questa legge e della materia che regolamenta (il digitale, appunto) c’è spazio per un po’ di speranza.