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Difesa legittima, ma con dei limiti
Ciò ha suscitato un ampio dibattito, che vede da una parte i sostenitori dell’iniziativa del ministro, favorevoli a una garanzia giuridica maggiore dell’aggredito che si difende dall’aggressore: essi plaudono a una legge che tuteli com’è stato detto la vittima piuttosto che l’assalitore; dall’altra invece gli oppositori, perché preoccupati di quella che potrebbe diventare una controviolenza legale, che indurrebbe sempre più i cittadini a difendersi da soli, in pratica ad armarsi e a fare un uso immediato e inopinato delle armi, sia pure a scopo di difesa.
La questione prima ancora che giuridica è morale, essendo in gioco beni reali della persona, prima di tutto il bene fondamentale della vita. A essa la sapienza etica, insegnata anche dalla morale cristiana, ha risposto con il principio di legittima difesa, molto spesso invocato a giustificazione di episodi di cronaca come quelli accaduti in questi giorni e assunto a criterio di codificazione giuridica della difesa armata dei cittadini contro il crimine. Per una citazione e un’applicazione corretta del principio occorre, però, conoscere e considerare le condizioni di legittimità dell’autodifesa.
Non basta la finalità difensiva a rendere lecita una reazione. Una difesa violenta contro un aggressore è legittima a condizioni ben precise e vincolanti. La prima è che essa costituisca un estremo ricorso, vale a dire che si devono aver esperite prima tutte le vie non violente di dissuasione e di difesa e solo come ultimo e inevitabile rimedio ricorrere a essa.
In secondo luogo la violenza difensiva non può mai superare quella offensiva. Questo significa che non si può reagire con violenza inopinata: non si può usare un’arma contro chi sta commettendo un furto senza aggredire nessuno; non si può rispondere con violenza sanguinaria a un ladro, o a chi mi si rivolge contro senza ferocia, con violenza verbale o non armata. Come pure non si può ricorrere mai a una violenza superiore a quella sufficiente a fermare il crimine: uno non può ledere un organo vitale del malvivente ove basta immobilizzarne gli arti a fermarlo.
E da ultimo la difesa violenta è lecita a condizione che il crimine sia in atto e non semplicemente ipotizzato, previsto o possibile. Questo significa che non è lecita una violenza preventiva o dissuasiva, che invochi la legittima difesa a giustificazione o discolpa. Ciò non ha nulla a che vedere con l’installazione e l’uso di sistemi di sicurezza e di allarme, non esercitando questi alcuna violenza contro nessuno.
La propria legittima difesa è un diritto. Come tale vi si può evangelicamente rinunciare. Ma se vi si ricorre si è obbligati dalle condizioni etiche di legittimità. Vi è obbligato ciascun soggetto. Vi sono obbligati i legislatori, che nel codificarla legalmente non possono procedere ad arbitrio o sotto la pressione emotiva e reattiva del momento, ma nel rispetto delle esigenze etiche a tutela di tutti i beni umani in gioco.