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Ostaggi, un corteo silenzioso verso la liberazione. La supplica del Papa: «liberateli»
Volevano mobilitare il più alto numero di coscienze possibile, volevano una manifestazione umanitaria e non politica, per la pace e non contro il governo. E la marcia verso il simbolo della cristianità non li ha traditi. Erano tutti un po’ madri, sorelle, fidanzate, oggi in cammino verso Piazza S. Pietro. Tutte anime diverse che, per un giorno, quello della speranza, hanno lasciato da parte le loro ideologie, i loro schieramenti, i simboli. E hanno camminato insieme, raccogliendo l’appello delle famiglie di Salvatore Stefio, Maurizio Agliana e Umberto Cupertino. Hanno camminato, in lungo corteo silenzioso, che da Castel Sant’Angelo ha percorso via della Conciliazione, fino a San Pietro, fianco a fianco, in una manifestazione che, si percepiva subito, aveva il compito di far arrivare un messaggio di pace e di solidarietà.
Hanno sfilato, preceduti da una lunghissima bandiera arcobaleno, il fronte pacifista, i no global, i disobbedienti, le associazioni cattoliche e quelle di volontariato. Hanno manifestato accanto a uomini politici, a rappresentanti della società civile, del mondo della cultura e dello spettacolo. Un popolo pacifista che non ha avuto il minimo dubbio nel non sentirsi diviso nel dilemma se quella di oggi avrebbe potuto essere una sorta di cedimento ad un ricatto terroristico. Erano lì per dire un netto no ad ogni forma di violenza. E lo hanno fatto da subito, fin da quando a Castel Sant’Angelo, si era creato un momento di tensione, quando i disobbedienti romani avevano, attraverso un megafono, scandito slogan contro il governo. Una distanza subito colmata dal dialogo. Quello tra chi era arrivato a Roma da Sammichele di Bari, da Prato, da Cesenatico, e voleva solo essere accanto a chi in queste ore aveva davanti solo ore di angoscia, di attesa, per un ultimatum sempre più vicino. Di chi, consapevole di essere parte di uno scacchiere assai più ampio, voleva solo chiedere «il ritorno a casa di tre ragazzi d’Italia».
E così le temute distanze tra le molte anime del corteo si sono annullate. Lasciando il posto a chi aveva deciso che era giusto esserci. E così accanto a Vittorio Agnoletto e i Social Forum, c’erano Francesco Caruso e i disobbedienti, il presidente del gruppo Abele, Don Ciotti, e poi Gavino Angius, Antonio Di Pietro, Pecoraro Scanio, Oliviero Diliberto e Fausto Bertinotti. Ma anche Mirko Tremaglia che ha voluto testimoniare la sua solidarietà alle tre famiglie degli ostaggi. E poi tutti attorno al vessillo arcobaleno le associazioni Pax Cristhi, la Tavola della Pace, Donne in Nero e Basta Guerra. A chiudere il corteo c’erano anche alcuni disobbedienti con le bandiere irachene che, hanno più volte ribadito, erano a testimoniare la loro solidarietà ai tre ostaggi, alle famiglie, ma anche ai 22 milioni di iracheni ostaggi di una guerra. Ventidue milioni di iracheni contro i quali si stanno commettendo «atrocità infinite e per i quali non esiste la solidarietà internazionale».
Tutto è andato bene e si è potuto leggere il messaggio del Papa. Messaggio che ha due aspetti ugualmente significativi. Il primo è dare ai presenti la solidarietà del Papa, che ha fatto dire di aver detto messa per i rapiti ed ha fatto sapere di essere «in quel momento in preghiera per loro. È in questo contesto l’appello per la liberazione e quella frase «alle persone prese in ostaggio, alle quali «egli desidera che giunga l’espressione dei suoi sentimenti paterni ed il suo incoraggiamento a continuare a sostenere con coraggio e speranza la loro presente dura prova». Ma c’è anche una parte «politica», significativa come la scelta di mons. Lajolo, che è il «ministro degli esteri» di Giovanni Paolo II, come latore del messaggio. Così, il Papa ha celebrato messa per la liberazione degli ostaggi detenuti in Iraq, «come per tutti quelli che soffrono in quel Paese».
Prato, in preghiera per la liberazione deli ostaggi
IRAQ, OSTAGGI, IN 3 MILA MARCIANO FINO A SAN PIETRO. APPELLO DEL PAPA