Opinioni & Commenti
Dal G8 niente di nuovo
Hanno vinto i contestatori che chiedevano che il G8 perdesse il suo ruolo? Forse no, perché l’assenza del communiqué non significa che non siano state raggiunte intese. Più semplicemente non vengono comunicate.
Sui giornali ha trovato attenzione l’iniziativa per una nuova partnership col Medio Oriente e il Nord Africa. Fortemente voluta da George Bush è un segnale verso i paesi dell’area arabo-musulmana più moderati dopo l’azione militare in Irak. Un editoriale del Financial Times, l’11 giugno, accusa l’iniziativa di essere retorica e di mancare di sincerità e realismo. In effetti Egitto e Arabia Saudita, due Paesi determinanti per la formazione del consenso nella regione, hanno rifiutato l’invito di Bush a Sea Island a incontrare il G8. Si può immaginare di presentare una partnership senza di loro?
Un’altra questione apparsa sui media è stata quella del debito. Ma anche qui poco di nuovo. L’annuncio della proroga di due anni dell’iniziativa HIPC, che permette la riduzione del debito dei paesi più indebitati, era dovuta. Su 41 paesi am missibili solo 27 ne hanno beneficiato. Gli altri sono in attesa e hanno bisogno di più tempo. Ciò che è necessario è modificare i criteri per accedere all’iniziativa, per ammettere tutti i circa settanta paesi a basso reddito. Ma tra Tesoro Usa che propone di cancellare il 100%, perché il debito è più costoso da gestire che da cancellare, Segreteria di Stato che smentisce e Germania e Giappone freddissimi su ogni riforma, da Sea Island non è giunto nulla di significativo. Anche sul debito iracheno non c’è stato consenso. Bush vuole cancellarlo, ma Chirac ha ricordato che ci sono altri Paesi con lo stesso debito ma senza la risorsa del petrolio.
Qualche segnale verso il Sud del mondo è comunque arrivato. La citazione di un rinnovato impegno a combattere la polio e a ricercare un vaccino per l’Aids, un’attenzione al Sudan, l’impegno contro la fame nel Corno d’Africa. Un documento sul commercio internazionale che sottolinea l’importanza di eliminare le barriere che proteggono le nostre agricolture e penalizzano quelle dei Paesi impoveriti. Una battuta insperata di Chirac sull’opportunità di una tassazione internazionale sulle valute per finanziare lo sviluppo. Nessuna parola, invece, sul finanziamento dello sviluppo, che ancora quest’anno è sceso complessivamente dallo 0,25% allo 0,23% del PIL, ben lontano dall’impegno dello 0,7%, con gli ultimi due posti di Italia e Usa con rispettivamente lo 0,16% e lo 0,14%.