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E l’uomo-robot venne ben prima del robot-uomo
Così noi umani appariamo ai robot: mutevoli, inaffidabili, prigionieri di quel libero arbitrio che per noi abbiamo voluto senza limiti, a loro invece imponendolo limitato assai. Meglio gli esseri umani o meglio i robot? Arduo problema. Meglio la libertà tutta intera che liberamente sceglie il bene (ma spesso, troppo spesso sceglie pure il male), o una libertà fino a un certo punto, che può scegliere soltanto il bene?
Religione e filosofia nei robot di Asimov, chi l’avrebbe sospettato? Teniamoci la domanda nel taschino ed esaminiamo semmai la terza ipotesi, quella più reale perché già attorno a noi: uomini robotizzati imprigionati a una prima legge di questo tenore: «Un uomo-robot non deve pensare, e se proprio ci è costretto, pensi i pensieri del capo». Ecco, questo è inquietante. Seconda legge: «L’uomo-robot deve obbedire alla televisione, escluso quando essa contraddice la prima legge». Ci siamo. Ultima: «Un uomo-robot deve salvaguardare la propria intelligenza, purché ciò non contrasti la prima e la seconda legge». Praticamente sempre.
Ecco, è possibile che abbiamo creato l’uomo-robot ben prima del robot-uomo. Se ciò è vero, il futuro robot Cutie, spalancando gli occhi e sentendosi dire da tal Powell: «Ti ho costruito io una settimana fa», non potrà dire altro che quanto gli fa dire Asimov (Essere razionale): «Ho l’impressione che debba esistere una spiegazione più soddisfacente di questa. Che tu abbia creato me mi sembra improbabile». Se i robot saranno così, e gli uomini sono così, meglio i robot.
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