Opinioni & Commenti
Terra Santa, facciamoci carico di una speranza
Qui infatti si è realizzato l’Evento su cui si fonda la nostra fede: nascita, vita, morte, resurrezione di Gesù, il figlio di Dio fatto uomo, il Salvatore. È la storia della nostra salvezza che in Palestina diventa anche una geografia della salvezza che le scoperte archeologiche autenticano con precisi riferimenti per cui in alcune località possiamo dire con certezza storica: qui Maria ha pronunciato il suo sì, qui Gesù ha parlato, curato i malati, scelto i discepoli, qui è morto ed è resuscitato. Certo poi queste certezze storiche per diventare verità credute e vissute chiedono l’adesione della fede e l’impegno feriale, ma visitando questi luoghi il cuore arde, come ai discepoli di Emmaus e riprendiamo fiduciosi il cammino. Veramente come cristiani qui siamo nati, anche se gli interrogativi posti interpellano da allora ogni uomo.
Ma questa terra, dove zone fertilissime cedono rapidamente al deserto, diventa anche parabola delle contraddizioni che ora la segnano, soprattutto alla luce del messaggio evangelico. Gesù ha pregato ardentemente per l’unità e ha invitato i suoi a spendersi per realizzarla, ma qui la divisione tra cristiani emerge in una durezza che spesso diventa contrapposizione. Il luogo dove Gesù, facendosi ponte, ha realizzato la pace tra cielo e terra sperimenta ormai da troppo tempo guerra e terrorismo e il muro che la segna, separando e di fatto opprimendo i più deboli, alimenta ulteriormente odio tra due popoli che in ugual misura hanno diritto a dire: «Questa è la nostra patria».
Un episodio per tutti. Alle porte di Gerico, «città dimenticata», con i suoi 30 mila abitanti letteralmente rinchiusi, può succedere che al posto di blocco israeliano ai soldati non risulti il nostro permesso per entrare assieme a una delegazione di San Giovanni Valdarno, gemellata con la locale comunità cattolica composta da circa 110 famiglie. Soprattutto sembra non possa passare l’autista, un palestinese ma con regolare passaporto. I soldati, giovanissimi, sono cortesi ma c’è già tensione.
Cogliere questi paradossi addolora e spinge a farsi carico di questa terra, con la preghiera e un amore che sappia però tradursi in presenza e gesti, come quello che ha caratterizzato il pellegrinaggio delle diocesi di Fiesole e di Montepulciano-Chiusi-Pienza: l’inaugurazione a Betlemme di una scuola materna per trecento bambini, significativa in sé, ma soprattutto perché tanti e insieme hanno «progettato, osato e lavorato con fraternità aprendo così una finestra sul futuro dei più piccoli di questa Terra Santa».