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Domenica, tanta voglia d’incontrarsi e di stare insieme

di Domenico SigaliniChe la festa faccia parte del Dna degli uomini è un dato evidente. La sentiamo nelle vene a tutte le età. Abbiamo bisogno di staccare la spina, di metterci in relazione tra di noi in termini gratuiti, di ritrovare spazi di intimità domestica, di un meritato riposo, di dare spazio ai sogni, alle pulsioni religiose della vita che tanti credono di cancellare, ma che tornano a galla meno che te l’aspetti o sotto forma di arte, di cultura, di richiamo alle tradizioni.È tutto quanto emerge chiaramente dalla indagine Censis sulla domenica degli italiani. Il bisogno di famiglia, che nei giovani è sempre altissimo (siamo al 92% degli adolescenti, dice un’altra indagine di questi giorni), ha la possibilità di trovare risposta.

La domanda di spiritualità trova uno sbocco nella partecipazione alla celebrazione eucaristica e la parrocchia sta emergendo come vero spazio di relazioni, di prossimità tra le persone, di nucleo di comunità viva e ben radicata nel territorio. Emerge anche un dato curioso: non è vero che gli italiani muoiono dalla voglia di andare a fare spesa la domenica, anche se nelle domeniche di Avvento, in preparazione al Natale l’impressione sarà probabilmente del tutto opposta. L’andare al supermercato maschera ancora una voglia di relazioni, soprattutto tra i più giovani. Certo la domenica cristiana è qualcosa di più di una festa religiosa; è il giorno del Signore, è la festa che Dio Padre fa al Figlio Gesù Cristo che ci viene restituito risorto dopo la passione e la morte, è la consegna di una umanità rinnovata a partire da quel primo giorno dopo il sabato in cui Gesù è risorto. È un finestra aperta sull’eternità, è smettere di pensare solo a se stessi e sognare l’infinito.

Noi cristiani abbiamo un luogo in cui tutto questo non è solo un vago desiderio o un ricordo, ma diventa realtà: l’Eucaristia. Sono tutte grandi cose che ben si sposano alla fame di relazioni vere, umane, distese, gratuite che oggi molti vivono nelle domeniche. Anzi sono il tono di queste relazioni, la promessa di apertura su un orizzonte di mondialità e di eternità.

L’indagine ci ricorda anche che una buona fetta di persone la domenica deve dedicarsi al lavoro, non solo da oggi, per svolgere servizi indispensabili alla comunità. Per la nostra concezione della domenica, l’operaio, l’operatore turistico, il conduttore di servizi pubblici indispensabili non sono esclusi dal poter vivere il giorno del Signore perché non riposano o perché non possono partecipare all’Eucaristia.Nel loro lavoro è possibile vivere da risorti, vivere orientati alla comunità che celebra il risorto, risorti loro stessi in questa giornata, con nel cuore la nostalgia di una comunità, con nel pensiero la parola che celebra per tutti la salvezza, con la solidarietà della comunità cristiana che li pensa legati alla sua vita e presenti nella sua Eucaristia. Il giorno del Signore non è un rito, non è una passività, è uno sguardo nuovo al tempo con negli occhi, nel cuore e nel sangue la vita del risorto. Il giorno del Signore non è soprattutto un precetto, ma un dono che la comunità cristiana deve poter fare a tutti.Alla preghiera eucaristica non si ricordano solo i malati che non vi possono partecipare, ma anche i tanti lavoratori, che sono lì con il cuore, e che vivono il giorno del Signore nel compiere il loro dovere di servizio alla comunità e non per essere funzionali agli egoismi di qualcuno o allo spasimo del profitto ad ogni costo.

Anche il tranviere o il cuoco di un ristorante, il poliziotto o l’uomo di sport, l’agente del turismo o il nascosto controllore del traffico aereo devono essere aiutati a non poter vivere senza il giorno del Signore.

La domenica degli italiani