Opinioni & Commenti

Alla Toscana non basta una cultura di… Giornata

di Franco CardiniSiamo all’inizio di una nuova «Giornata della…»? Se ne sono elaborate almeno due, fino ad oggi: una tipica della nostra regione, un’altra d’impianto nazionale. C’è la «Festa della Toscana», il 30 novembre, che ci qualifica come all’avanguardia dei Diritti dell’Uomo in memoria della famosa abolizione della pena di morte da parte del granduca Pietro Leopoldo; e c’è la «Giornata della Memoria», il 27 gennaio, scelta a commemorare la Shoah e, almeno secondo l’interpretazione di alcuni, tutti i genocidi commessi al mondo e nella storia dell’umanità. E qui, a onor del vero, si era avviato un dibattito importante e interessante, che non è stato né saggio né opportuno abbuiare: la Shoah dev’essere commemorata esclusivamente come tale, secondo la sua unicità che ne costituisce un tratto caratteristico secondo un’interpretazione di essa; oppure va riproposta ogni anno (anche nelle scuole) piuttosto nella sua esemplarità, come occasione per richiamare alla memoria anche tutte le altre tragedie che hanno visto l’uomo, ohimè, volta per volta come vittima e come carnefice?

Forse un analogo residuo di ambiguità, forse addirittura una discussione che non si riuscirà a portar in fondo, accompagneranno anche la giornata Culture&Pratiche, il 1° febbraio prossimo, vale a dire la «Conferenza regionale per la cultura» che, secondo il comunicato diffuso dalla Regione Toscana, sarà «una panoramica, settore per settore, di ciò che è stato fatto in cinque anni di legislatura nell’àmbito delle politiche culturali».

Una Conferenza presieduta dall’assessore regionale alla cultura, la signora Mariella Zoppi, con la partecipazione del presidente Claudio Martini, durante la quale saranno per la prima volta consegnati i premi ex Aequo (15 in tutto) istituiti dalla regione come riconoscimento delle «buone pratiche», cioè delle (citiamo ancora dal documento che la regione ha diffuso) «esperienze e progetti che stanno contribuendo alla crescita della cultura in Toscana». I premi «saranno assegnati a una persona o a un progetto, ma in realtà premieranno tutto un territorio e le pratiche di collaborazione, le sinergie, i rapporti costruttivi che hanno portato a risultati positivi e innovativi», ha dichiarato la signora Zoppi. I «settori d’intervento» sono citati, dai responsabili regionali, in modo compendioso: il che per la verità impedisce per ora di farsi un’idea precisa sulla strategia da essi adottata . Si ricordano infatti, in maniera per il momento vaga, il paesaggio, i beni culturali, le biblioteche, l’«intercultura», i musei, l’arte contemporanea, e si parla di video, di performances, di musica, di teatro.

Una legittima iniziativa, da parte dell’Amministrazione regionale. Di più: potrebb’essere un’iniziativa bella, importante, meritoria. Ci sono riserve, critiche, diffidenze da avanzare?

Forse sì: ma in un senso che vuol essere, senza alcun sottinteso, aperto e costruttivo. C’è difatti una cosa che, almeno dalle notizie finora diffuse, non si riesce a capire.

Evidentemente si tratterà di una giornata destinata a ripetersi: difatti, il comunicato regionale parla di premi che saranno consegnati «per la prima volta». È dunque l’impianto di una nuova iniziativa, che fonderà una consuetudine. Annuale? Auguriamocelo, a questo punto. In quanto, se proprio si volesse immettere in un giudizio che in linea preventiva è improntato alla massima positività, un elemento di dubbio, si potrebbe osservare che questa «Giornata toscana della cultura» cade proprio a qualche mese dalla competizione elettorale: il che evidentemente fa sorgere il dubbio che si tratti (magari non solo: comunque, anche) di una specie di vetrina delle iniziative assunte dall’Amministrazione uscente con un intento politico facile a cogliersi.

Ecco perché, tutto sommato, avremmo preferito che l’iniziativa fosse già partita da almeno un anno; o che l’Amministrazione l’avesse tenuta in serbo per l’anno prossimo, ammesso – e probabilmente concesso – ch’essa venga confermata dal risultato delle elezioni. Per queste ragioni il nostro giudizio è positivo certo, ma solo «in linea preventiva». Bisognerà fornire poi anche un consuntivo di questa giornata del 1° febbraio: giudicare analiticamente e non in compendio i settori individuati, i progetti e le persone premiate, l’autorità e la competenza di chi ha tracciato le linee di lavoro e assegnato i premi; capire secondo quali criteri e sulla base di quali metri di giudizio si sono elaborate le scelte; ascoltare e valutare il carattere e la qualità delle cose che verranno dette.La cosa fondamentale da capire in fondo è una: si vuol con questa iniziativa aprire anche un dibattito serio, e non limitato alle scelte di governo regionale, sul concetto di cultura nel suo rapporto con la nostra terra e col momento presente; o si è invece pensato a uno scoop relativo alla «politica culturale» di chi per cinque anni ci ha governato, magari con un intento in qualche modo autocelebrativo e autolegittimante? È ovvio che ci si aspetti e ci si auguri la prima cosa: ma il periodo scelto per avviare l’iniziativa ci fa sospettare la seconda. Anche se una certa compresenza delle due dimensioni finisce col diventar inevitabile: il che costituisce un elemento di ambiguità destinato forse a permanere.

Comunque, in sé l’iniziativa della Regione merita un positivo apprezzamento. Che tuttavia non può andar disgiunto da un auspicio: che cioè si delineino con chiarezza le linee del concetto di cultura scelto e portato avanti. Non cultura come spettacolo o come scoop, per quanto queste due dimensioni in un modo o nell’altro siano massmedialmente ineliminabili: ma cultura come autocoscienza identitaria e come consapevolezzza del carattere dinamico della società regionale. Siamo una regione che cresce, ma anche che invecchia – da qui la centralità delle iniziative culturali da assumersi nei confronti dei molti anziani, sempre più spesso soli, e dei pochi e perciò più preziosi giovanissimi, non solo nella scuola –, che ha bisogno di apporti dall’esterno, che vive di un’economia segnata in forte misura dalla necessità di confrontarsi con chi viene da fuori (siano i lavoratori extracomunitari, siano i turisti: entrambi importanti per la nostra economia ma anche appunto per il nostro equilibrio culturale), che ha forti responsabilità nella tutela e nella conservazione, ma anche nella valorizzazione di uno straordinario patrimonio artistico, monumentale, ambientale; una società che da una parte deve ritrovare e tutelare le sue tradizioni, ma che d’altro canto deve anche rinnovarsi e accogliere sollecitazioni e consuetudini che provengono dal di fuori di essa. Insomma, eccoci al nòcciolo di tutto quel che davvero è cultura: far cultura vuol dire rimettersi di continuo in discussione.

Il 1° febbraio ci aspettiamo dai responsabili regionali qualche parola chiara, su questi problemi. Deludente sarebbe invece l’assistere a una kermesse preelettorale: dovremo subirne parecchie, nelle prossime settimane, e di una di più per giunta pagata col pubblico danaro proprio non sentiamo il bisogno.