Opinioni & Commenti

Quaresima, tempo di gioia e di speranza

di Massimo Lippi*Prima de la Santa Pasqua ecco i quaranta giorni lontano da le nostre abitudini, da quel «noi stessi» che tanto ci preme e sazia e c’illude talvolta e ci straconsola da paure isteriche come quella che ci manchi la terra sotto i piedi e il superfluo del companatico, con i suoi vizi e stravizi convenuti. Questo bolo che si trangugia in ogni tempo e stagione è impasto raffazzonato di cose necessarie, vitali, e di gravosi comandi del Maligno.

Dunque è per la gioia de la stagione matura che i cristiani si allontanano da lo Sposo, costruiscono questo loro inverno volontario, fatto di quell’incomparabile bellezza del manto de la nève, dal pane che lievita silenzioso nel calore di quel gelo. Quaresima nei cieli smaltati da la zìzzola dei venti diacci. Quaresima insieme a la natura che pate con noi, che ora patisce come per dentro la candida rosa. Ma il senso ultimo di questo allungare lo spazio e il tempo tra un pasto e l’altro tra una parola e l’altra è racchiuso nell’amicizia di quello Sposo che il mondo sbeffeggia perché non lo ha in pratica. Il digiuno è conoscenza di Dio, dell’Amore essenziale che si percepisce vivo nell’assenza di conforto, perché la Speranza nel Suo Regno è già inizio di salvezza.

Bisogna dunque svuotare con semplicità e letizia le stive segrete del nostro corporale naviglio, lo stoccaggio ammuffito dei nostri orgogliosi pensieri su Dio e su la strada che ci porta a Lui. Sbarcare il gravame di cocci infranti e destarsi dal sonno pigrissimo de le abitudini. Sbolognare i fantasmi le liti, i rancori che non sono mai sordi, perché ultrasensibili ad ogni minimo, percettibile affronto. Buttare nel famelico abisso i nostri dodicimila paia di ragionamenti spaiati come scarpe monche, invadenti, lussuosi avanzi dell’inutile accumulo. Arrivare nel porto mattinale de la Pasqua con la barca dell’anima già purgata dai vertiginosi trampoli, da le fastidiosissime pastoie del buon senso, liberati per il lungo digiuno dal tedio di una vita che si specchia nell’accaparrarsi la fuggevole manna.

Invasati come a Pentecoste da la Grazia de la rinuncia amorosa. Ora che la pioggerellina di fuoco brucia fin da le prime luci dell’alba le nostre certezze, i nostri catenacci di paure. Dolce sacrificio di un cuore affranto e non di atletismo che è collezione dei fasulli primati personali su cui immancabilmente traballa Malatasca. Così è preannunciato nel più vivido buio, ne la mortificazione del corpo e nel raffinarsi de lo Spirito lo splendore su cui galleggia la meraviglia del Signore.

Non di meno è necessario, anzi urgente rammentare che, il differire di giorno in giorno la presa diretta, il corpo a corpo con l’Angelo de la santificazione che ci riveste de le sue piume leggere per volare oltre il macigno indigesto dei nostri limiti, può tradurre tutto in Quaresima immaginaria, dove la sigarettina in meno e un programma televisivo sacrificato alla nuova divinità elettrodomestica, fanno il paio con quella caterva di buone intenzioni di cui è lastricato l’inferno.*poeta e scultore