Opinioni & Commenti

Quando il latino è un’opinione e una cupola vale l’altra

di Damiano FedeliIl Papa lo ha ricordato nel suo testamento: la spinta a non dimettersi l’ha trovata nel Vangelo che invita: “Nunc dimittis”, ossia “Non dimetterti”». È capitato di sentir dire anche questo in uno delle decine di collegamenti tv che hanno seguito in diretta la morte e i funerali di Giovanni Paolo II. Un giornalista di una rete nazionale che traduce l’inizio del Cantico di Simeone, Vangelo di Luca, «Nunc dimittis», come «Non dimetterti», anziché, come è in realtà, «Ora lascia» (il testo prosegue: «Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola»). Latino maccheronico da inviato? Stanchezza da maratona in diretta? Voglia di cercare nella Scrittura i segni dell’oggi? Forse un po’ tutto questo. Certo che in questi giorni se ne sono sentite, viste e lette di tutti i colori. E il diluvio mediatico si è colorato così di pennellate a suo modo comiche.

«Ecco: i pellegrini fiorentini riescono finalmente a vedere la cupola del Brunelleschi», spiega l’inviato tv. Ma come? I fiorentini sono rimasti a casa? Sono vicini al loro Duomo? Ma no, sono appena entrati in via della Conciliazione, seguendo il serpentone umano che li porterà a dare l’ultimo saluto al Papa. La cupola, naturalmente, non è quella fiorentina del Brunelleschi, ma quella vaticana del Buonarroti. E proprio lui, Michelangelo, non pare aver goduto di particolare fortuna televisiva, in questi giorni.

Dlin dlon: in un servizio andato in onda durante uno degli speciali del salotto tv più famoso d’Italia, si parla dell’esortazione poetica che Giovanni Paolo II ha lasciato ai cardinali quando, alla sua morte, si sarebbero riuniti nella Cappella Sistina: «Bisogna che, in occasione del Conclave, Michelangelo insegni al popolo». Peccato che le immagini che accompagnano queste parole – dopo quelle del michelangiolesco dito di Dio che si protende verso quello di Adamo – mostrino primi piani di affreschi che si trovano sì nella Sistina, ma non sono di Michelangelo, come la «Vocazione dei primi Apostoli» di Domenico Ghirlandaio.

Non migliore sorte è toccata alla lingua italiana, con neologismi, parole scambiate o messe totalmente fuori posto: «Inginocchiati davanti al Papa ci sono George W. Bush, suo padre George e il presidente di mezzadria Bill Clinton», sentenzia il cronista. Di mezzadria? Di mezzo tra i due (anche come mandato), forse, se si vuole escludere che dopo lo scandalo Lewinsky, Clinton si sia dedicato a coltivare i campi. Ma se si cambia canale si apprende che «È confortevole sapere che questo gruppo di persone tra poco entrerà nella Basilica». Sinceramente sconfortante. Pardon: sconfortevole.