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Referendum,l’astensione è legittima ed è una scelta di libertà

di Giuseppe AnzaniIl 12 giugno c’è il referendum, anzi i quattro referendum che vogliono cancellare alcune regole della legge n. 40 sulla fecondazione assistita. Le proposte abrogative erano addirittura cinque, ma la prima – che voleva cancellare in blocco tutta la legge – è stata esemplarmente bocciata dalla Corte Costituzionale.

I quattro rimasti non sono cose da poco: se passano i «sì» saranno cancellate alcune norme che proteggono la dignità della vita nascente contro gli abusi del passato «far west» della provetta. Si tornerebbe, per dirla in chiaro, alla fecondazione eterologa, agli embrioni «superflui» e avanzati da congelare, si consentirebbe persino la clonazione, si cancellerebbe il concepito dai «soggetti» umani, si ridurrebbe l’embrione a una cosa a perdere su cui fare esperimenti, col piccolo particolare che quella sperimentazione che si vuol fare è «letale». Non ci credete, perché altri dicono altro? Fate la prova, prendete il testo della legge e cancellate le parole che i referendum vorrebbe far sparire: è il modo più onesto per capire che cosa cambierebbe. Il modo per smascherare le bugie degli slogan.

Gli slogan sono il vecchio trucco degli imbonitori. Ma si possono anche rintuzzare in radice, rifiutando la provocazione; anziché andare a dire «no» all’abrogazione, i cittadini che vogliono conservare la legge (costata otto anni di lavori parlamentari, approvata con un consenso che da ultimo ha sfiorato i due terzi, e non da un partito contro l’altro ma da uno schieramento trasversale fra tutti i gruppi) possono decidere di non andare, e lasciare che il referendum fallisca.

Qualcuno va dicendo che votare al referendum è un dovere civico. Invece non è così, e bisogna dirlo chiaro. Il dovere civico di votare riguarda le elezioni, e si capisce. Ma quando si tratta di un referendum, è proprio la Costituzione (art. 75) a sancire la regola della libertà di scegliere prima di tutto se dare o rifiutare il consenso alla provocazione referendaria. Questa regola dice che se non si raggiunge il quorum, cioè la partecipazione della maggioranza degli elettori, il referendum non vale, e non si passa neanche alla conta. Vale a dire che la prima libertà costituzionale da spendere è appunto quella di aderire o non aderire alla convocazione. Ci mancherebbe altro, allora, che aderire fosse un «dovere»: salterebbe la grammatica costituzionale del referendum, proprio perché al cittadino è consegnata questa prima radicale libertà.

Chi ha qualche memoria dei 55 quesiti di referendum sottoposti in passato al popolo degli elettori, non faticherà a capire il meccanismo. La gente l’ha capito, ha cominciato a distinguere quesito e quesito. Dopo il 1995 il quorum non è mai stato più raggiunto; nell’ultima convocazione (2003) l’adesione è crollata al 25,7%. Il fatto è che su problemi normativi complessi e delicati il rasoio di un sì o di un no «all’ingrosso» è un’impropria strettoia alla libertà. Per giunta, stringe su quesiti che il popolo non ha scelto, imposti da una pattuglia referendaria. Rifiutarli appartiene alla libertà.

PISTELLI (Margherita): Non andare a votare è una precisa scelta politica

SESTINI (Forza Italia: Senza quorum è più facile migliorare la legge