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L’Eucaristia, i giovani, due papi

DI FRANCO VACCARI«I giovani d’oggi – mi diceva un anziano amico prete delle nostre parti – non sono più tanto ghiotti dell’Eucaristia!». Può darsi. In fondo molti degli stessi giovani che si sono spontaneamente radunati nella Giornata mondiale della gioventù meglio riuscita di Giovanni Paolo II – quella intorno alla sua morte – può darsi che non frequentino le loro chiese abituali e non conoscano nemmeno il nome del parroco. Forse non mangeranno per una altro anno quel corpo né berranno quel sangue. … fino a Colonia.

Eppure conserveranno impresso nella mente e nel cuore quel corpo consumato e rimpiccolito del papa e resteranno stupiti del fatto che, mentre la vigoria dell’uomo era divenuta solo un ricordo, dal biancore della salma rinascevano ancora vita e speranza. Quelle stesse virtù che subito, all’inizio dell’omelia di Bari, Benedetto XVI ha ricordato, dando voce al desiderio di Giovanni Paolo di essere presente al Congresso eucaristico.

I giovani hanno avuto un posto in un passaggio centrale dell’omelia (oltre che un esplicito riferimento il giorno dopo in apertura dell’assemblea della Cei), quando la parola è divenuta all’improvviso più contemporanea: davanti ai «mormorii di protesta» razionalisti ricordati nel Vangelo Gesù non si è «ripiegato su parole rassicuranti: “Amici, avrebbe potuto dire, non preoccupatevi! Ho parlato di carne, ma si tratta soltanto di un simbolo. Ciò che intendo è solo una profonda comunione di sentimenti”. Gesù non ha fatto ricorso a simili addolcimenti». Ciò che appare scandalo per i benpensanti è forza di autenticità per chi vi si avvicina con cuore sincero. Prosegue Benedetto nella sua omelia: «Si direbbe che, in fondo, la gente non voglia avere Dio così vicino, così alla mano, così partecipe delle sue vicende. La gente lo vuole grande e, in definitiva, piuttosto lontano da sé…».

Ma i giovani no; non vogliono linguaggi rarefatti, simbolici, vogliono l’incontro concreto, fisico. Tutta la loro ricerca d’identità passa quotidianamente dalla dimensione del corpo. Senza corpo nulla è interessante. Il corpo è oggetto e soggetto insieme, problema e risorsa. In esso e tramite esso avanzano nella ricerca autentica e faticosa che a volte rischia di perdersi. Tra anoressia e voracità, intelligenze acute percepiscono i drammi dell’oggi e, non trovando risposte, trasfigurano bellissimi corpi in caricature oscene.

Un corpo è donato anche per loro. Perché dunque non mangiarne?

Giovanni Paolo è stato corpo donato, dopo una morte vera. Offerto pubblicamente al rischio della profanazione mediatica eppure onorato, amato e interiorizzato. «Non possiamo comunicare con il Signore, se non comunichiamo tra noi», dice Benedetto. Non possiamo sperare che i giovani gustino il corpo del Signore se non sapremo porgerglielo nella sua freschezza, vitalità, nella sua scandalosità. Perché si tratta di un corpo che entra in te e ti fa uscire da te, dal tuo sepolcro: «Se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita». Perché la via che da Bari va verso Colonia possa riaprire un rapporto vero tra i giovani e Gesù dovremo riuscire a spiegare, a testimoniare in linguaggi accessibili i grandi misteri che ci sono donati.

Vedere, il sabato sera, le piazze stracolme di giovani assiepati sui sagrati, le scale, i portali rinascimentali; traversarli a fatica tra una lattina di coca e una bottiglia di birra; varcare le pesanti porte di legno ed entrare nel vuoto delle nostre chiese, nel nulla, per unirsi in solitudine all’Eucaristia silente provoca una ferita che fa male fino all’omelia.

Se anche i nostri giovani sembrano non essere «ghiotti» di Gesù, speriamo che non si plachi la nostra fame e la nostra sete di senso.

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