Opinioni & Commenti

L’uragano Katrina e la fragilità dell’uomo

di Umberto SantarelliIn certi momenti particolarmente tragici – che, per grazia di Dio, sono abbastanza rari –, malgrado l’impiego d’ogni più sottile accorgimento «interpretativo», risulta comunque impossibile nascondersi e nascondere la verità o anche solamente tentar di smussarne gli spigoli più taglienti: i fatti son quelli che sono, e non resta che prenderne ragionevolmente atto. L’uragano Katrina, che ha seminato morte e distruzione a New Orleans, è una di queste tragedie smisurate, nelle quali tutti siamo costretti a riscoprire sulla nostra pelle l’invincibile fragilità della condizione umana.

Questa volta potrebbe sembrare che tutto, ma proprio tutto, sia andato storto, e che alla fine non ci resti che piangere. Gli Stati Uniti, modello autorevole e incontrastato dell’intero mondo civile, sono apparsi improvvisamente deboli e spaventati: coi più poveri, che molti credevano definitivamente scomparsi da quella società che pareva perfetta, costretti a pagare duramente le conseguenze della loro antica povertà; con la primitiva lotta per sopravvivere che ha riscoperto a un tratto la violenza come regola vitale; coi poteri pubblici che, dopo aver affastellato molte e contraddittorie previsioni sulla gravità degli eventi che incombevano, si son visti costretti a cercar di salvare il salvabile autorizzando i soldati appena rientrati in patria a tenere coi loro concittadini comportamenti non molto diversi da quelli usati altrove contro i «terroristi».

Molti di noi, vedendo «in diretta» l’impietosa documentazione di questa crisi, son rimasti allibiti e hanno avuto la sensazione agghiacciante che improvvisamente molte antiche ragioni di tranquillità fossero come evaporate; che la condizione umana fosse dovunque uguale a se stessa.E invece, nel colmo della crisi, quando tutto sembrava suggerire disperazione, si son fatti leggibili i segni consolanti d’una fraternità inattesa. Non son mancate – è vero – le parole blasfeme di chi ha preteso di rallegrarsi per una vendetta divina piovuta a castigare un nemico odiato. Ma accanto a questi comportamenti terribili (sui quali conviene riflettere), s’è vista fiorire un’inattesa gara di generosità davvero universale che ha confermato, in un modo che è apparso in certa misura miracoloso, una vocazione di fraternità davvero sconfinata: popoli d’ogni continente (molti dei quali certamente non ricchi) hanno sentito ovvio il dovere di prestar soccorso a chi stava soffrendo e morendo a New Orleans. Per cercar di capire, fino in fondo e in tutti i suoi possibili significati, questa generosità, può servire tenere a mente certi fatti contemporanei forse non del tutto casuali. Pochi giorni prima, a Colonia, Benedetto XVI aveva augurato «di tutto cuore» ai suoi «stimati e cari amici musulmani che il Dio misericordioso e compassionevole vi protegga, vi benedica e vi illumini sempre»; e quasi negli stessi giorni in cui accadeva quell’evento davvero solenne che è stato il raduno mondiale della gioventù intorno al Vescovo di Roma, nella striscia di Gaza e in Cisgiordania un altro concreto e pur faticoso gesto di pace ha aperto il cuore a una speranza che alla ragione umana potrebbe sembrar perfino temeraria.Possono sembrare eventi solo casualmente coincidenti; ma torna alla mente il sindaco La Pira quando ci parlava del Sentiero d’Isaia: che, anche se non è un’autostrada, resta segnato e chiede d’esser sapientemente riconosciuto malgrado ogni diversa e più corposa evidenza. Un nuovo 11 settembreDiecimila morti, un milione di senza tetto, danni complessivi per 100 miliardi di dollari (metà di quel che è costata finora la guerra in Iraq), questo, a pochi giorni dal passaggio dell’uragano, il terrificante bilancio di Katrina, purtroppo ancora provvisorio. E saranno necessari forse fino a 80 giorni, quasi tre mesi, per riportare all’asciutto quella New Orleans che nessuno ha saputo proteggere prima e in cui abbiamo visto aggirarsi, come in un nuovo «far west», militari americani autorizzati a sparare per uccidere per fermare i furti e le violenze.È stato un nuovo «11 settembre» per gli americani. Allora scoprirono che il terrorismo poteva colpire anche nel cuore del loro paese, abbattendo addirittura i simboli – le Twin Towers – della loro civiltà. Oggi hanno scoperto che neanche la supertecnologica nazione americana è in grado di fronteggiare lo scaternarsi della natura. E che neanche i supercritici dell’inefficienza dell’Onu, hanno dimostrato di saper far funzionare con efficienza la macchina della prevenzione e dei soccorsi. Con in più l’aggravante del dubbio che si è insinuato in una parte del paese, riaprendo dolorose ferite: che dei cittadini americani siano potuti rimanere per giorni sui tetti, senza acqua, senza altri soccorsi, solo perché appartenenti al quel sud nero e più povero.E nel mirino delle polemiche è subito finita l’amministrazione Bush. Il presidente degli Stati Uniti ha cercato di porre un argine alle critiche di chi lo accusava di sprecare risorse per la guerra in Iraq. «Abbiamo il compito di combattere la guerra al terrorismo e abbiamo il compito di aiutare la gente su questa costa degli Usa – ha detto con fierezza tra le macerie di Biloxi –. Disponiamo di risorse più che sufficienti per entrambi i compiti». Ma intanto ha fatto appello all’Unione europea e alla Nato per avere «aiuti d’emergenza». Gli aiutiPer la prima volta dalla seconda guerra mondiale, l’Italia ha inviato aiuti umanitari agli Stati Uniti. Un C130 dell’areonautica militare carico di tende, coperte, brandine, idrovore, zattere gonfiabili, kit di pronto soccorso per l’assistenza di 15 mila persone e, soprattutto, kit alimentari destinati ai bambini, era già atterrato domenica sera negli Usa, mettendosi in attesa di istruzioni più precise. Martedì sera a Little Rock, capitale dell’Arkansas, la consegna del materiale nelle mani del responsabile del coordinamento della UsAid, l’Agenzia americana che si occupa degli aiuti internazionali, David Killingsworth. Gli aiuti italiani, che rientrano sotto l’egida dell’Unione europea, sono stati tra i primi giunti negli Usa. Qualche polemica è sorta per i ritardi burocratici che hanno bloccato per giorni gli quelli inviati da Svezia, Germania e Canada Secondo fonti del Congresso il presidente George W. Bush intende chiedere uno stanziamento speciale per 40 miliardi di dollari per finanziare la prossima fase degli interventi di ricostruzione, anche se, secondo i democratici la somma necessaria supererà i 150 miliardi di dollari. Mobilitazione anche da parte delle associazioni cattoliche. Nel contesto dell’iniziativa cittadina «Convoglio per la Speranza», la Caritas (Catholic Charities) di Jackson (Mississippi) ha organizzato due grandi convogli di aiuti umanitari non deperibili. Sono numerose le Caritas diocesane di tutto il Paese che si sono offerte di fornire sia alloggi temporanei ai colpiti dalla tragedia che soluzioni durature a medio e a lungo termine. La Caritas Stati Uniti ha lanciato una campagna nazionale di raccolta fondi per finanziare i programmi di ricostruzione e riabilitazione che le Caritas diocesane metteranno in moto nelle aree sinistrate. Inoltre, la Caritas Stati Uniti è stata incaricata dalla Conferenza Episcopale degli Stati Uniti di canalizzare la risposta solidale del congiunto della comunità cattolica nordamericana con le vittime di questa catastrofe naturale.Anche la Toscana, tramite il presidente della Regione Claudio Martini che ha incontrato il nuovo console americano a Firenze, si è detta «disponibile a qualsiasi forma di intervento, sociale o sanitario, per aiutare le popolazioni duramente colpite dall’uragano».

L’esperto: Gli eventi climatico-ambientali non sono casuali

Katrina, migliaia i morti. La solidarietà del Papa

DALLA TOSCANA SOLIDARIETA’ E AIUTI PER LE AREE COLPITE DA KATRINA

Il sito dello stato della Louisiana

Immagini dal satellite del passaggio dell’uragano Katrina

La solidarietà del Papa

Il sito della Croce Rossa americana

New Orleans, non c’entra la vendetta di Dio