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Figlie talassemiche, i costi del «miracolo»
Una coppia di un paesino della Toscana con due figlie affette da talassemia major, una patologia a prognosi grave, si è sottoposta in Turchia a procedimento di fecondazione artificiale con diagnosi pre-impianto dell’embrione per far nascere un bambino in grado di fungere da donatore di cellule per le due sorelline malate. La notizia è stata riportata dalla stampa come una sorta di miracolo della scienza che però ha rischiato di essere vanificato dalla Legge 40, che appunto disciplina in Italia la procreazione medicalmente assistita e che proibisce la pratica cui la coppia si è sottoposta in Turchia.
Fortunatamente, si apprende, grazie al buon cuore dei compaesani della coppia, è stato possibile reperire fondi sufficienti per aggirare la legge, recarsi all’estero e concepire un bambino che aiuterà le sorelline a guarire. Tutto semplice, sembrerebbe, ma è davvero così? In realtà, da quanto è stato divulgato, si apprende che sono stati concepiti quattro embrioni (quelli sviluppati fino ad otto cellule, non è data notizia su eventuali altri embrioni). Di questi, due sono risultati sani e compatibili per una donazione di cellule. Gli altri due embrioni, evidentemente malati o incompatibili, sono stati in qualche modo sacrificati, essendo altresì possibile prevederne l’impiego a scopo di sperimentazione, o la crioconservazione. Dei due embrioni impiantati nell’utero della donna, solo uno è riuscito a sopravvivere.
Ricapitolando, il prezzo pagato per fornire la possibilità di cura alle due bambine malate di talassemia è stato la morte involontaria di un embrione e il destino assai incerto di altri due. È altresì da considerare che con questo genere di procedura, secondo i dati più aggiornati, per poter vedere nascere un bambino che sia scevro dalla malattia ereditaria e compatibile con le sorelline, si rende necessario generare mediamente 45,5 embrioni, il cui destino sarà quindi quello di essere sacrificati.
Esposti così i fatti nella loro completezza risulta davvero difficile considerare l’episodio una «battaglia vinta» e condividere «la gioia di centinaia di persone che hanno contribuito [ ] a mettere in moto una straordinaria macchina di solidarietà» (sono queste alcune espressioni usate sulla stampa).