Opinioni & Commenti

Giustizia, un riesame opportuno

di FRANCESCO MARIO AGNOLImagistratoSi era già parlato di norme al limite dell’incostituzionalità per il mancato rispetto del principio dell’eguaglianza di posizione di tutte le parti del processo, incluse le persone offese dal reato, interessate non meno dell’imputato ad un corretto esito processuale. Considerazioni riprese dal presidente Ciampi, che nel rinviare alle Camere la legge ha ricordato i limiti fissati dal secondo comma dell’articolo 111 della Costituzione, a norma del quale: “Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti,in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale”, sottolineando come sia “parte del processo anche la vittima del reato costituitasi parte civile, che vede compromessa dalla legge approvata la possibilità di far valere la sua pretesa risarcitoria all’interno del processo penale”.

Il presidente ha ravvisato motivi di incostituzionalità anche nell’ampliamento dei compiti attribuiti alla Corte di Cassazione, che nei casi di inammissibilità dell’appello assumerebbe, almeno in parte, le funzioni di giudice di merito, cioè del fatto, con conseguente violazione del ruolo esclusivo di giudice di legittimità attribuitole dall’art. 111 della Costituzione.

Da questa mutazione del proprio ruolo deriverebbe anche un insostenibile aggravio del carico di lavoro della Cassazione con conseguente lesione del “bene costituzionale dell’efficienza del processo, qual è enucleabile dai principi costituzionali che regolano l’esercizio della funzione giurisdizionale, e il canone fondamentale della razionalità delle norme processuali”. In parole povere, la soppressione del grado di appello anziché abbreviare allungherebbe i tempi del processo, così contraddicendo le stesse finalità della legge.

In realtà, anche se il presidente della Repubblica ha accolto il grido di dolore del presidente della Cassazione (la cui opinione viene espressamente richiamata), è questo il punto più opinabile (giuridicamente) delle motivazioni del rinvio. Si tratta di una mera ipotesi su esiti futuri, che, per di più, non tiene conto della differenza di funzioni e posizioni fra pubblici ministeri e difensori.

Mentre questi ultimi in caso di condanna del loro patrocinato ricorrono sempre o quasi sempre all’appello, i primi già oggi ne fanno un uso assai più moderato, che presumibilmente diminuirebbe ancora in caso di sostituzione del ricorso per cassazione all’appello. Di conseguenza quando il presidente scrive che dalla legge Pecorella deriva un “allungamento certo dei tempi del processo” trasforma in certezza quella che in realtà è soltanto un’ipotesi.

Quanto appena osservato nulla toglie a legittimità e opportunità del rinvio presidenziale, sia perché il rilievo riguardante il principio della parità delle parti nel processo è, comunque sia, decisivo, sia perché la fretta di fine legislatura (di questo probabilmente si è trattato) ha determinato una indubbia mancanza di coordinamento fra nuova legge e norme previgenti non esplicitamente abrogate, anche se di alcune delle norme indicate nella motivazione del rinvio (come quelle contenute negli articoli 577 e 597,comma 1, lettera b) del codice di procedura penale) è abbastanza evidente l’abrogazione implicita per assoluta incompatibilità.

Ferma, comunque sia – come si è appena detto – l’opportunità del rinvio alle Camere, la decisività del rilievo sull’eguaglianza delle parti nel processo avrebbe forse potuto suggerire ai consiglieri del presidente di tralasciare ulteriori motivazioni (con particolare riguardo a quelle di costituzionalità) che per la loro opinabilità possono aprire (e già hanno aperto) la strada a polemiche da parte di schieramenti impegnati in una asperrima tenzone elettorale.