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Domande senza risposta: chi c’era dietro le Br?

di Mauro BanchiniVentun’anni fa, il 18 gennaio 1985, nel processo d’appello per l’omicidio di Aldo Moro, Valerio Morucci – capo della colonna romana delle Brigate rosse – si dissociò dalla lotta armata. Lui e Adriana Faranda, già condannati all’ergastolo, pochi mesi dopo si videro commutata la pena a 30 anni. È un Valerio Morucci libero, quello che mi trovo accanto, in una strana serata per parlare di «donne e terrorismo» all’Altana del castello di Calenzano. L’occasione l’ha fornita uno spettacolo teatrale (La gabbia) scritto e diretto da Stefano Massini che due ore dopo sarebbe andato in scena nell’ambito di un festival sulla drammaturgia contemporanea delle donne.

Dalle finestre dell’antico castello si vede la piana fiorentina ormai immersa nel buio di una notte che fa sembrare eccezionale anche un territorio oggi zeppo di centri commerciali. Forse le lucciole (quelle di Pasolini) si vedevano ancora, da queste parti, quando la persona che mi sta accanto meditava di rapire Aldo Moro, quando lo tenne sequestrato, quando non si oppose al suo assassinio. E ora ce l’ho accanto. Il suo debito con la giustizia l’ha ormai pagato. Lo sguardo è duro. E chissà come vive dentro il ricordo di quelle tragedie e di quegli errori. Cosa prova. Cosa nasconde.

Tornando agli anni Settanta, gli anni di piombo, a uno che stava esattamente dalla parte opposta torna in mente una sensazione. Ci si chiedeva, allora, chi muovesse i fili «dietro» a questi che sparavano, gambizzavano, seminavano terrore, uccidevano nel nome di un progetto politico chiaramente destinato al fallimento. Adesso, trent’anni dopo, sei a fianco di uno dei capi storici di questo enorme fallimento. E glielo chiedi, sapendo bene che può essere solo una domanda retorica, destinata a non avere risposta. Glielo chiedi lo stesso, orgoglioso del tuo piccolo passato di democratico cristiano di periferia e glielo chiedi avendo ancora in mente (cosa che non possono avere i ragazzi del pubblico) la grandezza umana e politica di Aldo Moro.

Com’è ovvio, Morucci non risponde alla domanda se c’era «qualcuno» dietro le Br. E chissà se mai qualcuno troverà – e proverà – quella risposta.

Scendiamo nel gioiello di teatro che è il «Manzoni». Massini racconta la storia della ragazza brigatista (Nora, accidenti quasi lo stesso nome della vedova Moro) e di sua madre andata a trovarla nel carcere di massima sicurezza. Due donne: sembrano non avere nulla da dirsi, ma alla fine qualcosa di autentico forse se lo comunicano. All’uscita, le luci degli ipermercati di Calenzano e dintorni sono ancora più vive. Illuminano una gabbia di plastica ancora più inquietante della gabbia di ferro dentro cui abbiamo visto la storia di una madre ragionevole che ha cercato di parlare con una figlia che per trovare la giustizia assoluta si era infilata in una gabbia di piombo. Ma qual è il modo giusto per uscire da tutte queste gabbie?