Opinioni & Commenti

La Quaresima nella società dei consumi

di Giuseppe SavagnoneHa ancora un senso, nella società consumistica, celebrare un tempo liturgico come la Quaresima, eredità di epoche in cui il digiuno e la mortificazione venivano considerate valori e la mentalità diffusa si riconosceva in queste pratiche? Non è rimasto ormai tra le nostre mani un involucro vuoto, che sarebbe meglio decidersi a mettere da parte, se non altro per favorire un’immagine del cristianesimo più adeguata a un’epoca che ha fatto dell’autorealizzazione e della qualità della vita i suoi principali punti di riferimento?

Questi interrogativi sono tutt’altro che peregrini. In effetti, a differenza di altri periodi liturgici – si pensi al Natale – la Quaresima sembra segnare il massimo distacco della prospettiva di fede da quella accessibile alla ragione e alla sensibilità umane. Si ha l’impressione che essa possa dire ben poco, ormai, non solo ai «laici», ma perfino agli stessi credenti. Eppure, a rifletterci sopra più attentamente, le cose forse non stanno così. È vero, una ridda di stimoli, di richiami, di immagini ci assedia ogni giorno, tenendo sempre viva la tensione dei sensi. Ma a volte si ha l’impressione che questo proliferare di voglie effimere, meccanicamente prodotto da oggetti fatti apposta per risvegliarle, piuttosto che segnare il trionfo del desiderio, costituisca una causa fondamentale del suo ottundimento e, al tempo stesso, un surrogato che non riesce a mascherarne la caduta perpendicolare. L’esigenza di ricorrere a provocazioni sempre più sfacciate e violente, in campo sessuale, non è il sintomo di una diminuzione, piuttosto che di un potenziamento, della libido? E il moltiplicarsi dei cibi sulla tavola, nelle case come nei ristoranti, non si accompagna, nella nostra società, al diffondersi di disturbi alimentari come l’anoressia o la bulimia, che proprio nel rapporto col cibo polarizzano un disagio esistenziale più profondo?

Nella sua prima enciclica Benedetto XVI ha voluto celebrare il desiderio, l’eros umano, così spesso demonizzato, in passato, da moralisti e predicatori. Ma egli ha anche avvertito che questo eros oggi è minacciato e, per ritrovare se stesso ha bisogno di una radicale purificazione, senza cui rischia di scadere a un mero gioco, ripetitivo e alla lunga frustrante. Per meritare a pieno titolo il nome di «amore» – è il messaggio del Papa – l’eros deve sapersi aprire oltre se stesso, rinunziando a ripiegarsi nel proprio narcisistico autoappagamento, ed entrare nella prospettiva del dono.

Ma ciò implica un distacco da sé e un sacrificio delle proprie pulsioni più immediate. Senza questa rinunzia, l’eros si appiattisce e ristagna, come un fiume, privato delle sponde, diventa palude. Allora esso, invece di essere fonte di vita, si trasforma in richiamo di morte. Dietro l’orgia consumistica sta una vertigine nichilista che svuota il senso dell’esistenza.

Già Freud aveva individuato questo rapporto strettissimo tra eros e thanatos, tra desiderio sfrenato e morte. La vita si tempra nella capacità di distacco, nella libertà dal gioco facile e immediato degli istinti, nel rispetto del limite, perché solo così può trovare la sua forza e la sua profondità. Bisogna fare qualche passo indietro se si vuole acquistare la capacità di slanciarsi.

La Quaresima ricorda a tutti – a credenti e non credenti – questa legge nascosta nel cuore dell’esistenza umana. Per i primi, certamente, essa è anche molto di più: la preparazione alla Pasqua. Ma anche i secondi hanno molto da imparare da questo tempo, che proprio nella sua «inattualità» rivela una straordinaria capacità di parlare alle nostre menti distratte.

Quaresima, il digiuno non è solo penitenza