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Primo maggio, la dignità delle persone che lavorano

di Maurizio Petricciolisegretario generale Cisl toscanaAnche quest’anno ci troveremo nelle piazze per celebrare il primo maggio: un giorno dedicato alla mobilitazione, all’impegno, alla partecipazione, ma anche un giorno per festeggiare.

Un binomio, quello di festa e di lotta, che ha accompagnato nella sua storia di oltre cento anni la celebrazione di questa giornata, nella quale i lavoratori di tutti i paesi del mondo parlano di solidarietà, manifestano le loro rivendicazioni, partecipano all’affermazione dei diritti conquistati, lottano per migliorare le condizioni di tutti i lavoratori, per avere un lavoro più sicuro e per far crescere un Paese come l’Italia, fondato sui valori della libertà, della democrazia, della giustizia e della pace. Il primo maggio è quindi una giornata radicata nella memoria, ma che allo stesso tempo guarda al futuro. E il futuro per la Cisl toscana significa soprattutto l’impegno per rimettere al centro dei modelli di sviluppo il valore del lavoro e la dignità delle persone che lavorano. Per noi è giusto proporre un modello di sviluppo dove il lavoro sia sopra il profitto e dove la persona sia il centro di ogni interesse.

Il quadro economico e sociale, nazionale ed internazionale, oggi rilancia l’esigenza di un approccio personalistico: ovvero di rimettere al centro delle scelte, in ogni campo, la persona umana. Perché se è vero che lo sviluppo è libertà, è anche vero che la qualità dello sviluppo che proponiamo e il tipo di lavoro che sta all’interno di un modello di sviluppo, questa libertà può anche toglierla. Infatti non c’è libertà personale se non c’è l’autonomia di questa persona e non c’è autonomia se non c’è un lavoro che permetta di costruire un progetto di vita per le persone e per le loro famiglie.

Non possiamo limitarci a discutere sui modelli di sviluppo della ricchezza se non affermiamo che lo sviluppo si coniuga anche, in Toscana, con un confermato sistema di servizi sanitari, sociali, di trasporto, efficienti e gestiti senza sprechi. Un aumento della produttività di sistema territoriale e di azienda deve scambiarsi con il benessere per i cittadini della Toscana, che sta profondamente cambiando nella sua composizione demografica, in direzione di una multiculturalità che deve essere riconosciuta attraverso l’accoglienza, per la piena integrazione, la quale deve avvenire però anche nel rispetto delle leggi, della cultura e della tradizione del territorio ospitante.

Per realizzare tutto ciò la Cisl punta su sussidiarietà, partecipazione e solidarietà nel campo valoriale e su concertazione e contrattazione come strumenti operativi.Al centro del dibattito politico in questi giorni è tornato il tema del precariato, che troppo spesso si semplifica con l’essere pro o contro la cosiddetta legge Biagi. Non serve nascondersi dietro diverse posizioni ideologiche, ma migliorare in concreto le condizioni di chi lavora. Per questo auspichiamo un intervento per salvare ciò che c’è di buono ed eliminare quello che non va. Si tratta di semplificare e ridurre le flessibilità introdotte, riportandole ai tavoli contrattuali: queste infatti sono materie di cui debbono occuparsi sindacati e imprenditori ancor prima che il legislatore. Inoltre, se vogliamo poterla chiamare legge Biagi (e non legge Maroni), dobbiamo completarla.

Perché nel suo libro bianco Marco Biagi accompagnava l’introduzione delle flessibilità (che c’è stata ed ha prodotto troppa precarietà) a quella di nuove forme di sostegno per i lavoratori (che non si sono viste). Si tratta oggi di attuare questa seconda parte, a cominciare da una riforma degli ammortizzatori sociali (cassa integrazione e sostegno al reddito per chi perde il lavoro in tutti i settori economici). Se il posto di lavoro non può più essere lo stesso per tutta la vita, dobbiamo preoccuparci di non lasciare soli i lavoratori mentre passano da un lavoro all’altro (con il sostegno al reddito, con la formazione permanente, migliorando l’incontro tra domanda e offerta) e i giovani mentre cercano di entrare nel mercato del lavoro. Altrimenti la flessibilità scivola nel precariato. Che è un’ingiustizia. E che non serve neppure al sistema economico.