Opinioni & Commenti

Napolitano sul Colle più alto trova l’eredità di Ciampi

Al quarto scrutinio, con 543 voti su 990 votanti (presenti 1.000, astenuti 10, schede bianche 347, schede nulle 14, altri 76 ) Giorgio Napolitano è il nuovo presidente della Repubblica.

Nato nel 1925, appartiene alla generazione che ha partecipato alla guerra e ha viva esperienza della fondazione della Repubblica, lezione ancora oggi, per tutti, straordinariamente viva e attuale, nell’imminenza del sessantesimo anniversario.

Parlamentare di lungo corso del partito comunista è stato il primo esponente di quella stessa tradizione a sedere nella “stanza dei bottoni” del Viminale ai tempi del primo governo Prodi. In precedenza, era stato eletto, proprio negli anni dell’ultima legislatura della Repubblica proporzionale, quella di Tangentopoli, dal 1992 al 1994, presidente della Camera, tappa che nel curriculum presidenziale tradizionalmente rappresenta un punto di passaggio quasi obbligato, che Napolitano condivide con non pochi suoi predecessori al Colle. Non di poco conto anche i suoi incarichi europei.

Dal punto di vista politico, in attesa dell’ormai imminente insediamento del governo, il delicatissimo passaggio dell’elezione presidenziale, da un lato, dà una soluzione alla questione del peso per la rappresentanza della parte già comunista – ramo Ds – avendo quello di Rifondazione espresso il presidente della Camera, nel complesso della distribuzione degli equilibri interni alla coalizione che ha vinto, un mese fa, (sia pure di stretta misura), le elezioni. Dall’altro lato, lascia aperta la questione delle forme della rappresentanza “istituzionale” dell’opposizione in un quadro di democrazia dell’alternanza. Proprio la limitatezza della maggioranza, infatti, ha suggerito una strategia di “autosufficienza” e di “blindatura”, che ora dovrà passare alla prova della pratica azione e iniziativa di governo.

Più complessivamente, guardando al futuro e allo sviluppo della democrazia italiana, in un quadro europeo e mondiale complesso, resta la grande lezione di Carlo Azeglio Ciampi: un presidente in cui tutti gli italiani si sono riconosciuti. Ciampi ha saputo esprimere un’idea, nello stesso tempo, alta e vicina alla vita quotidiana della suprema magistratura della Repubblica e delle istituzioni, dei simboli e dei valori che esse rappresentano, sottraendole, senza peraltro isolarle, dalla dialettica a tratti anche aspra del sistema politico maggioritario.

Lasciando ufficialmente, lunedì 15 maggio, il Colle, Carlo Azeglio Ciampi lascia alle istituzioni e al popolo italiano una preziosa eredità, che tutte le parti politiche devono sviluppare con coerenza e lungimiranza. E ancora lascia una lezione di garanzia di rappresentanza sintetica di un Paese articolato e complesso come è l’Italia che Giorgio Napolitano è chiamato a tenere viva negli anni che verranno.