Opinioni & Commenti

Legge 40 un anno dopo: la verità non cambia

di Mauro Cozzoli Il referendum abrogativo della legge 40, regolatrice delle pratiche di fecondazione artificiale, ha avuto un anno fa un esito tanto fallimentare quanto imprevisto dai suoi promotori. Con esso erano in questione beni e valori morali rilevanti, come la vita nascente, il matrimonio e la famiglia, che non potevano lasciare indifferente la Chiesa. I cattolici si sono trovati a difendere una legge che, pur difforme in punti anche notevoli dall’insegnamento della Chiesa, aveva come alternativa una legge assai più debole e permissiva. Non per nulla promotori del referendum sono stati movimenti culturali e politici che s’ispirano a una concezione libertaria del bene della vita e della famiglia. Di fronte al risultato netto e inequivocabile del referendum, alla volontà ampiamente maggioritaria (¾) del popolo italiano, ci si sarebbe aspettato da parte di costoro un atteggiamento di accettazione, riflessione e rispetto. E invece assistiamo a reazioni confuse e scomposte, che dai temi referendari si sono allargate ad altre questioni attinenti la vita e la famiglia.

Da una parte ci sono movimenti ed esponenti politici che, mal sopportando l’esito referendario, in spregio alla volontà popolare, dicono già apertamente che la legge 40 deve essere cambiata, provocando Governo e Parlamento in tal senso. Dall’altra è in atto una massiccia offensiva intesa a liberalizzare i beni del matrimonio e della vita su un triplice terreno: quello dell’aborto chimico, mediante la diffusione facile e la legalizzazione delle pillole abortive, la RU486 in particolare; quello delle unioni cosiddette civili o P.A.C.S., con l’istituzione di forme alternative di matrimonio e di famiglia; e quello dell’eutanasia, per mettere fine a vite giudicate “non degne” di essere vissute.

L’offensiva è condotta lungo un duplice versante. Il primo di ordine giuridico, inteso a far passare per diritti quelli che sono meri desideri degli individui. Non e siste né un diritto all’aborto, fosse pure praticato nella forma più facile e indolore possibile, perché l’aborto è soppressione di una vita innocente. Né un diritto a unioni diverse dal matrimonio, come relazione stabile d’amore tra un uomo e una donna, perché la natura non può essere sconfessata e forzata. Né un diritto a darsi o a dare a qualcuno la morte, perché la vita umana non ha valore d’uso ed è un bene indisponibile. Lo slittamento emotivistico del diritto, così da derivarlo da sentimenti, interessi e desideri, piuttosto che dalla verità della persona e della sua natura, ha carattere regressivo, contrastante con la civiltà e la cultura del diritto.

Il secondo versante è di ordine strategico, inteso a delegittimare la Chiesa nel suo diritto-dovere d’insegnamento nel campo della morale. Siamo in presenza di un fenomeno strano: se quanto la Chiesa insegna è considerato in linea con l’opinione politica ha tutto il diritto di farlo. Se contrasta, è denunciato come indebita ingerenza. Atteggiamento questo apertamente fazioso e maldestro. La Chiesa non può non far sentire la sua voce. Semplicemente non può, perché non può venir meno alla sua missione di “madre e maestra” in materia non solo di fede, ma anche di morale. Questioni riguardanti la vita, il matrimonio, la famiglia non sono problemi formali, tecnici, meramente economici o politici: sono problemi morali. Attinenti come tali alla missione della Chiesa, che ha a cuore il bene delle persone e della comunità delle persone, che si chiama bene comune.

Ci è di esempio, d’incoraggiamento e di stimolo Benedetto XVI: il coraggio con cui egli serve la verità e la dice contro ogni deriva relativistica, fino alle sue forme nichiliste. C’è una verità della vita, del matrimonio e della famiglia, del nascere e del morire che non è a disposizione di nessun desiderio, nessun interesse, nessun partito, nessuno schieramento politico, nessuna assemblea legislativa. Verità “non negoziabili”, ci ha detto il Papa: semp licemente da riconoscere, rispettare, amare, servire, perché in esse è l’identità e la promessa dell’umano.

Legge 40, forum in redazione: «Vittoria del buon senso ma ora guardiamo avanti»