Opinioni & Commenti
Islam, una Consulta non basta
Da molti viene messo in discussione lo stesso concetto di integrazione, considerata alla stregua di un rinnegamento delle proprie radici e della propria identità etnica nazionale e religiosa. Il processo di inserimento possibile degli immigrati di Paesi islamici nella società italiana ed europea, per ora, si deve forse limitare alla condivisione di alcuni principi e regole destinati a garantire la pacifica convivenza. Questo è ciò che si prefigge la Consulta per l’Islam italiano voluta dal ministro Pisanu della precedente legislatura e ripresa nelle mani dal ministro Amato.
Ci vorranno generazioni perché questo sentimento si trasformi in una piena condivisione, senza che alcuno pretenda l’omologazione in una società che comunque va verso il pluralismo. Un musulmano credente, inoltre, per fedeltà alla sua fede, sarà maggiormente spinto a prendere le distanze da una società che si dice cristiana ed in cui si onora come massimo poeta Dante Alighieri che ha decretato l’inferno a Maometto. Ed è solo un esempio pallido e lontano per dire che l’integrazione considerata in senso forte e pieno, comporta un cambiamento interiore di convinzioni e di sentimenti che si può chiamare una vera e propria conversione. Non tanto conversione ad un’altra religione, quanto ad un altro modo di intendere e di vivere la propria e di considerare la diversità dell’altro. Ma le conversioni, se sono sincere, non avvengono per costrizione o convenienza esteriore, ma solo per intima convinzione, per decisioni personali.
Lo scandalo scoppiato nei giorni scorsi dal manifesto pubblicato su alcuni giornali a spese e per conto dell’Ucoii, in cui si paragonano gli israeliani ai nazisti ha mostrato quanto persone rispettabili, come il presidente di questa associazione da anni in Italia, perfettamente «integrate» siano lontane dal sentire comune di italiani ed europei che sul tema della shoà hanno come un nervo scoperto.
Per favorire un processo di avvicinamento si dovrà mettere accanto a Dante un San Francesco, che dialoga con il Sultano, e accanto ai secolarizzati europei che propugnano la libertà della trasgressione nei campi dell’etica, dei veri credenti che si comportano rispettando la legge del Signore e testimoniando la profonda consonanza esistente tra coloro che ritengono Abramo padre della fede. Si è detto che la pace tra le religioni è condizione per la pace tra i popoli. Sembra giusto specificare che il dialogo e la collaborazione tra le religioni sono la condizione di una possibile convivenza multiculturale non ipocrita. Cosa che non mi risulta sia veramente realizzata da qualche parte, ma che rappresenta la sfida del futuro, pena la situazione di cronica conflittualità.