Opinioni & Commenti

E la scienza non può esaurire le domande di significato

di Tito ArecchiNel viaggio appena concluso di Benedetto XVI in Germania sono stati ripresi temi su cui Joseph Ratzinger ha meditato a lungo da studioso, facendone la parte fondante della sua Introduzione al Cristianesimo, in cui proponeva al mondo di oggi la «ragionevolezza della fede».

I suoi discorsi sono stati letti sotto prospettive diverse da ascoltatori differenti. Per esempio, Luigi Accattoli sul Corriere della Sera dell’11 settembre sottolinea il richiamo del Papa nella messa celebrata a Monaco: «L’Occidente sordo a Dio spaventa le altre religioni; Asia e Africa si sentono minacciate dal nostro cinismo».

È questa la malattia dell’Occidente: ci contentiamo di traguardi provvisori e parziali e abbiamo paura di radicalizzare la nostra ricerca, depurandola di tutto quel che «non vale la pena».

Invece il Rettore dell’Università di Ratisbona ha messo a fuoco il tema del rapporto fra scienza e fede. Su questo tema il Papa ha sviluppato riflessioni importanti nel corso della sua vita di pensatore; tant’è che nel preparare un libro di frontiera fra scienza e fede per i giovani (vedi I simboli e la realtà, Jaca Book, Milano 1990) mia moglie Iva ed io avevamo citato ampi stralci da testi di Ratzinger.

A questo punto ritengo che il modo più appropriato di presentare il pensiero del Papa sia far parlare lui stesso, ricorrendo a un suo testo di qualche anni fa, Fede, verità, tolleranza, presentato a Lugano dall’allora Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede. Ne riporto stralci che ho ritenuto correlati a quanto riproposto in quest’ultimo viaggio.

Tolleranza e fede nella verità rivelata sono concetti che si oppongono? O, in altre parole, si possono conciliare fede cristiana e modernità? Se la tolleranza è uno dei fondamenti dell’epoca moderna, affermare di aver trovato la verità non è forse una presunzione superata che deve essere respinta, se si vuole spezzare la spirale della violenza che attraversa la storia delle religioni? Questa domanda si pone oggi in maniera sempre più drammatica nell’incontro tra il cristianesimo e il mondo, e si diffonde sempre più la convinzione che la rinuncia da parte della fede cristiana alla pretesa di verità sia la condizione fondamentale per ottenere una nuova pace mondiale, la condizione fondamentale per la riconciliazione tra cristianesimo e modernità. (…).È inevitabile che la dialettica del progresso, messa in pratica, esiga le sue vittime: affinché i progressi addotti dalla Rivoluzione Francese potessero essere realizzati, era necessario accettare le sue vittime – così si dice. E affinché il marxismo potesse produrre la società riconciliata, erano per l’appunto necessarie le ecatombi di vittime umane: qui la dialettica mitologica è stata tradotta in fatti. L’uomo diventa materiale per il gioco del progresso; come singolo egli non conta nulla; poiché è solo materiale per il crudele Dio Deus sive natura. La teoria dell’evoluzione ci insegna la stessa cosa: che i progressi, appunto, costano. E gli esperimenti odierni sull’uomo, che viene trasformato in una «banca di organi», ci mostrano l’applicazione molto pratica di queste idee – in cui l’uomo stesso prende in mano l’ulteriore evoluzione. (…).La questione della verità è inevitabile. Essa è indispensabile all’uomo e riguarda proprio le decisioni ultime della sua esistenza: esiste Dio? Esiste la verità? Esiste il bene? La «distinzione mosaica» è anche la distinzione socratica, potremmo dire. Qui si rendono visibili la motivazione interiore e la necessità interiore dell’incontro storico tra la Bibbia e la cultura greca. Questo incontro ha preso avvio ben prima dell’inizio della sintesi tra fede biblica e pensiero greco di cui si preoccuparono i Padri della Chiesa. Esso si realizza già all’interno dell’Antico Testamento… Questa attesa aperta, che nel pensiero greco era come un atteggiamento di ricerca, è uno dei motivi principali del successo della missione cristiana. (…).A questo punto, nel bacino del Mediterraneo, più tardi nel mondo arabo e anche in parti dell’Asia, il monoteismo si presenta come la riconciliazione tra ragione e religione: la divinità alla quale giunge la ragione è identica al Dio che si mostra nella Rivelazione. Rivelazione e ragione si corrispondono. Esiste la «vera religione»; la questione della verità e la questione del divino si sono riconciliate.Per concludere, la chiusura della scienza moderna a un discorso fuori dalla sua portata è legata a una pretesa di completezza nella propria lettura del mondo. La crisi della fisica classica legata ai problemi della fisica quantistica ha oggi distrutto il mito della completezza nella comunità dei fisici. Questa pretesa rimaneva in biologia nella misura in cui questa sembrava legata ad alcuni dogmi formulati negli anni ’50 del secolo passato; ma anche qui è intervenuta una crisi salutare. Si prospetta un assetto interdisciplinare dello sforzo scientifico, per cui l’universo della scienza non può esaurire le domande di significato ma va integrato con altri metodi di indagine.Perché questa attitudine si generalizzi, occorre fiducia nelle capacità umane, che non si esauriscono nelle procedure familiari, ma che possono trovare nuovi fertili linee di intervento;occorre cioè umiltà ma anche ottimismo su quanto possiamo dire e fare di nuovo: esistono ancora queste virtù nell’Occidente?Il Papa nella sua BavieraVisita in Germania (9-14 settembre 2006): i discorsi