Opinioni & Commenti
Ecumenismo e dialogo, è tempo di accelerare il passo
L’annuale ottavario di Preghiera per l’unità dei cristiani è un evento ecumenico riconosciuto come un’occasione preziosa per pregare insieme, per pregare gli uni per gli altri, per incontrarsi, per dialogare. Si è sostenuti da una duplice speranza: la prima è rivolta alla partecipazione che si auspica numerosa e disponibile. Sappiamo, però, che molto dipende dall’informazione e dalla sensibilità ecumenica di quanti l’attivano. Purtroppo, l’istanza ecumenica, imprescindibile oggi nel quadro delle relazioni tra singoli e tra gruppi, trova nelle varie aree cristiane numerosa e compatta la schiera dei «sordi» e dei «muti» che ne rallentano il passo. La seconda speranza è in relazione agli esiti. Se la «ritualità» della Settimana di preghiera cede il passo alla preghiera per la quale è indetta e che perciò ne costituisce la innervatura, la speranza si consolida ed assume una maggiore credibilità. Essa stessa sostiene la preghiera e da questa riceve alimento producendo motivi di attesa, il che è proprio della fede.
Il testo biblico per il 2007 è stato proposto da una realtà ecclesiale ecumenica del Sud Africa che vive una situazione dolorosa e di grave difficoltà sociale. È essa che chiede, proponendo il testo biblico che abbiamo riportato, di sciogliere i nostri orecchi e di ascoltare il loro grido di dolore come degli altri mille e mille sofferenti per indigenza varia e per le tante malattie ad alto tasso di mortalità, soprattutto infantile.
A conclusione della Settimana di preghiera non possiamo archiviare nella memoria il passo biblico suggeritoci, anzi è responsabilmente utile trattenerlo e proporlo ancora alla nostra comune riflessione e preghiera perché le orecchie dei più si aprano e le lingue si sciolgano per proclamare la vittoria finale del Cristo sulla morte e sul male i cui riflessi operativi e salvifici possono raggiungere le sofferenze dell’umanità di oggi.
Da alcuni anni la Settimana di preghiera è preceduta dalla giornata del Dialogo ebraico-cristiano e seguìta da quella del Dialogo islamico-cristiano: due àmbiti di dialogo interreligioso dai quali possono derivare motivi di ulteriore radicamento della nostra speranza abramica e non solo cristiana.
In questa prospettiva di più ampia latitudinalità osiamo pensare che nelle prossime settimane altre comunità locali, e numerosi altri spiriti generosi, possano aprirsi al dialogo ecumenico ed interreligioso che ai più avvertiti si propone come solco peculiare per il ristabilimento della pace nel mondo. Una personalità musulmana ebbe a dire, tempo fa, «Grazie a Dio, ai nostri giorni, ognuno può venire a conoscenza o anche contribuire ad incontri di preghiera per la pace tra rappresentanti di religioni diverse, magari senza una grande risonanza».
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