Opinioni & Commenti
Volontariato, tre motivi per riformare la legge
di Emanuele Rossi
A ormai sedici anni dalla sua entrata in vigore, la legge quadro sul volontariato (la n. 266/1991) è oggetto di dibattiti tesi alla sua possibile revisione. Tale dibattito è andato crescendo di intensità nel corso degli ultimi mesi, tanto che sia il Parlamento che il Governo stanno elaborando proposte di modifica sulle quali, nei prossimi mesi (sempre che la legislatura prosegua regolarmente) potrebbero essere chiamate a confrontarsi le diverse forze politiche. Prima di esaminare nello specifico tali proposte, occorre tuttavia chiedersi il perché si ritenga necessario revisionare la legge del 1991: tali ragioni sono, a mio parere, di tre tipi.
In primo luogo occorre tenere conto dei mutamenti del quadro costituzionale intervenuti dopo l’entrata in vigore della legge n. 266/2001: la riforma del Titolo V della Costituzione ha, come noto, modificato il riparto di competenze tra Stato e Regioni, sì da porre il dubbio se la competenza statale a legiferare in argomento sia rimasta la stessa di quella che si aveva con l’art. 117 della Costituzione pre-riforma, e che aveva indotto la Corte costituzionale a ritenere che il volontariato non era una «materia» in senso tecnico, quanto piuttosto «un modo di essere della persona nell’ambito dei rapporti sociali», che può realizzarsi «all’interno di qualsiasi campo materiale della vita comunitaria», costituendo «la più diretta realizzazione del principio di solidarietà sociale». Motivazioni in forza delle quali la Corte aveva ritenuto che una parte consistente della sua disciplina doveva ritenersi di competenza statale. Inoltre, l’innovazione rappresentata dal riconoscimento, all’art. 118, comma 4, della Costituzione, del principio di sussidiarietà «orizzontale», non può non costituire una diversa fonte di legittimazione delle organizzazioni di volontariato, le quali indubbiamente operano, insieme agli altri soggetti del terzo settore, nell’ambito della realizzazione delle «attività di interesse generale» richiamate dalla disposizione costituzionale.
Si tratta di una serie di ragioni che se da un lato giustificano un possibile intervento normativo, al contempo fanno emergere la delicatezza di tale intervento: il volontariato è nato prima della legge e si è in certa misura sviluppato a prescindere da essa (come dimostra ad esempio il dato delle numerose organizzazioni che non si iscrivono ai registri previsti dalla legge). Una qualsiasi riforma deve salvaguardare questo elemento di spontaneità e di originalità, consentendo al volontariato di svilupparsi senza snaturarne il suo senso più vero e profondo.