Opinioni & Commenti
La sentenza sull’eccidio di Sant’Anna di Stazzema: tardi ma utile
di Romanello Cantini
Con la sentenza della Cassazione di pochi giorni orsono si chiude definitivamente la lunghissima battaglia giudiziaria intesa a identificare e a condannare i maggiori responsabili della strage di Sant’Anna di Stazzema del 12 agosto di 63 anni fa. (vedi notizia)
Quella giornata di morte sull’Alta Versilia fu forse la carneficina più efferata che sia stata compiuta dai tedeschi durante l’ultima guerra. In tutto forse 560 le vittime falciate dai mitra o bruciate nelle case. Settanta persone richiuse in una stalla nella frazione di Vaccareccia e finite a colpi di bombe a mano. Centotrenta persone trucidate sulla piazza della chiesa con il parroco don Innocenzo Lazzeri e date alle fiamme in un enorme rogo alimentato dalla benzina e dalle panche della chiesa.
Dopo che gli incartamenti sono stati tenuti nascosti negli archivi per decenni, come spesso è accaduto per molti altri massacri nazifascisti, anche quando si è cominciato a far emergere dalla nebbia della reticenza e dell’omertà le prime facce dei responsabili si è cercato di organizzare una difesa sulla base di una pretesa legge di guerra. In questi casi, come è noto, l’assoluzione o le attenuanti per i colpevoli vengono cercate nella famosa o famigerata parte di quella Convenzione di Ginevra del 1929 che di fatto permette la fucilazione dei combattenti senza divisa e, nel caso di connivenza con i combattenti irregolari, chiude un occhio anche sulle rappresaglie sui civili.
Ora due sentenze consecutive spazzano via dalle presunte «ragioni» della macelleria di Sant’Anna anche il pretesto di un aiuto dato ai partigiani da parte della popolazione. Anche per la magistratura la strage si configura come un genocidio di massa dentro l’ambito di un Comune tirato a sorte con tutte le ingiustizie aggiunte di tutte le decimazioni. Dopo la sentenza di primo grado di due anni fa, ora la sentenza della Cassazione conferma la condanna all’ergastolo per l’ufficiale Gerhard Sommer, per i sottufficiali Georg Rauch e Karl Gropler che ordinarono le esecuzioni anche se rimarranno fuori del carcere per la loro età di ultra ottantenni.
La giustizia arriva quando gran parte dei parenti e degli amici delle vittime non ci sono più ed ha soprattutto un significato morale. Non sembra che purtroppo si possa chiedere molto di più anche per l’insieme dei massacri nazisti in genere. Purtroppo, nel secolo scorso, si sono lavati con la candeggina molti dei crimini nazisti. E non si tratta solo di tolleranza colpevole e di occhi chiusi opportunisticamente sul passato in vista del futuro. Quando il male assume queste dimensioni, quando milioni di uomini comuni sono capaci di uccidere milioni di uomini comuni, dopo aver evocato le ideologie, i conformismi, la propaganda, tutte le scuse dell’anima che si chiamano a deporre in queste occasioni, sentiamo che non basta. Soprattutto quando il male è così distillato, gratuito e inspiegabile come troncare un bambino o finire un vecchio, allora sentiamo che forse il peccato originale non è una novellina del catechismo.
Non è un caso che la maggior parte dei massacri di massa della seconda metà del secolo scorso dal Salvador, all’Argentina, al Sudafrica, al Ruanda siano finiti con la pena che conoscevano i primi cristiani: la confessione pubblica delle proprie colpe e dei propri delitti. Se questo riconoscimento del male compiuto è alla fine quello che più conta, anche una sentenza che arriva troppo tardi non è sprecata se mette finalmente quella colpa addosso ai colpevoli che è la precondizione di ogni pentimento.
Stragi naziste, la Cassazione conferma le condanne per Sant’Anna di Stazzema